2025 RASSEGNA ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ per il DISEGNO ARTISTICO XX ED.

 

 

 

 

 

 

 

COMITATO DEL ‘SECONDO UMANESIMO ITALIANO ®’

PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® 

per il DISEGNO ARTISTICO

XX Edizione  2025 online

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Rassegna XX Edizione 2025 online ‘Premio Franz Kafka Italia ®’

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In continuità con la prassi adottata in seno al ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ a partire dall’anno della Sua fondazione nel febbraio  2011 non vengono pubblicati dal Comitato sul sito www.franzkafkaitalia.it, né altrove, i Diplomi e le Motivazioni, lasciando così ai singoli Vincitori la decisione in merito.

Per gli interessati al Video YouTube relativo al Centenario kafkiano (2024) a cura di Rita Mascialino con analisi di nove opere di Kafka e di nove pregiate Illustrazioni di Vincenzo Piazza digitare:

PRIMO CENTENARIO DELLA MORTE DI FRANZ KAKFA (2024)

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Franz Kafka (1906), Alamy Photo Stock

Atelier ‘PHOTOLIFE’ di Gianni Strizzolo | Via Aquileia 49 Udine

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Documentazione cartacea e digitale edita da

CLEUP EDITRICE UNIVERSITÀ DI PADOVA

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(TIVOLI RM-I)“Il polisemico ritorno a casa di Franz Kafka.”  

di Rita Mascialino

Da Heimkehr (1920 senza titolo, annotato da Kafka in un quadernino e pubblicato postumo nel 1936 da Max Brod con il titolo Heimkehr, ‘Ritorno a casa’).

“Ich bin zurückgekehrt. Ich habe den Flur durchschritten und blicke mich um. Es ist meines Vaters alter Hof. Die Pfütze in der Mitte. Altes, unbrauchbares Gerät, ineinanderverfahren, verstellt den Weg zur Bodentreppe (…) Ein zerrissenes Tuch, einmal im Spiel um eine Stange gewunden, hebt sich im Winde. Ich bin angekommen. Wer wird mich empfangen? Wer wartet hinter der Tür der Küche? Rauch kommt aus dem Schornstein, der Kaffee zum Abendessen wird gekocht. Ist dir heimlich, fühlst du dich zu Hause? Ich weiß es nicht, ich bin sehr unsicher. Meines Vaters Haus ist es (…), aber als wäre jedes mit seinen Angelegenheiten beschäftigt, die ich teils vergessen habe, teils niemals kannte (…)  Und ich wage nicht an der Küchentür zu klopfen, nur von der ferne horche ich (…) Und weil ich von der Ferne horche, erhorche ich nichts, nur einen leichten Uhrenschlag höre ich oder glaube ihn vielleicht nur zu hören, herüber aus den Kindertagen (…)”

“Io sono tornato. Ho varcato l’ingresso e mi guardo attorno. È il vecchio casale di mio padre. La pozzanghera al centro. Attrezzi vecchi, inutilizzabili, incastrati gli uni negli altri, bloccano il passaggio alla scala che va in soffitta (…) Un panno lacerato, un tempo avvolto per gioco attorno a una stanga, si alza nel vento. Io sono arrivato. Chi mi riceverà? Chi aspetta dietro la porta della cucina? Del fumo esce dal camino, si sta preparando il caffè della cena.  Ti trovi in famiglia, ti senti come a casa? Non lo so, sono molto insicuro. Casa di mio padre lo è di certo (…), ma come se ognuno fosse occupato nelle sue faccende, che in parte ho dimenticato, in parte non ho mai conosciuto (…) E io non oso bussare alla porta, solo in distanza sto in ascolto (…) E siccome sto in ascolto in distanza, non ne ricavo nulla, sento solo un leggero ticchettio di orologio o forse credo soltanto di sentirlo, proveniente dai giorni dell’infanzia (…)” (Traduzione di Rita Mascialino)

La citazione dal breve e complesso, nonché straordinario scritto di Kafka mette in primo piano l’azione del ritornare a casa, espressa lapidariamente e con il verbo durchschreiten, non privo di una certa solennità, qui tradotto con varcare, come anche l’azione dell’essere arrivato, altrettanto lapidaria e solenne, ritorno e arrivo enfatizzati nella traduzione qui proposta attraverso l’esplicitazione del soggetto. Ritorno e arrivo che si snodano su binari simbolicamente multipli nella immaginifica narrazione kafkiana. Sul binario concreto: si tratta della casa del padre cui allude il profumo del caffè per il dopo cena, una casa in cui il figlio non sa se sentirsi in famiglia pur essendo appunto il figlio. La scala che porta alla soffitta e che è ancora disponibile per Odradek-Kafka, qui, nel ritorno del figlio, è sbarrata dai rottami. Al binario relativo ai padri del gruppo di origine allude implicitamente il panno ora senza stanga e lacerato, buttato via assieme ai rottami, comunque riconosciuto come oggetto un tempo munito di stanga, se anche solo per gioco, ossia come un vessillo, non una cosa seriamente intesa dai grandi, dal padre che ha permesso il gioco con un simbolo tanto importante come l’appartenenza al proprio popolo e così la sua riduzione a rottame inutilizzabile, anche dimenticato.  Commovente è il fatto che tale simbolo implicito dell’esistenza degli ebrei come popolo, pur se lacerato e già ridicolizzato come cosa da giochi infantili, alzi ancora i suoi resti al vento, come in un’azione di resistenza di chi non voglia essere cancellato per sempre, in una rappresentazione dell’identità e della dignità del popolo di appartenenza,  capace di alzarsi ancora, ad oltranza, anche se semi distrutto – così nel simbolico testo kafkiano. Davvero in Kafka l’appartenenza al suo popolo è qualcosa di vissuto drammaticamente e profondamente, qualcosa di incessantemente doloroso. In una breve digressione: sappiamo che Kafka verso la fine dei suoi giorni rifiutò la lingua tedesca, la sua lingua, la lingua cui diede profondità insuperabili, causa del rifiuto: l’individuazione in essa, molto profeticamente, del germe della violenza, ciò per cui avrebbe intrapreso, se avesse ancora potuto, il viaggio in Palestina, per tornare all’unica vera casa dei suoi padri come servitore del suo popolo. Tornando al racconto, sulla scia della casa del padre concreto e della pseudo bandiera abbandonata nei rottami, si apre nell’eco più lontana anche un terzo binario più universale riguardante il ritorno e l’arrivo della vita al punto di partenza come percorso esistenziale che ritorna al nulla da dove è partito. Chiariamo lo speciale nulla kafkiano nel racconto supersimbolico. Nessun padre c’è mai stato per Kafka, ossia il padre concreto non è, secondo il figlio, mai stato un padre per lui e non ne ha mai aspettato il ritorno, parallelamente nessun padre celeste c’era all’inizio né attende il reduce all’arrivo. Solo il ticchettio dell’orologio si fa sentire nell’ambito più universale, ticchettio dell’orologio che presenta il tempo impersonale che scorre associato molto in lontananza a cose infantili, come possibili credenze dei piccoli nella vita. Il fatto che il ticchettio quasi impercettibile provenga da molto lontano, non si riferisce nella polisemica narrazione kafkiana all’infanzia del protagonista o solo del protagonista o solo alle credenze di lontana origine del popolo ebraico, ma si riferisce all’infanzia dell’umanità. Al proposito Kafka non usa il possessivo relativamente a suoi giorni dell’infanzia, non dice ‘aus meinen Kindertagen’, ma solo ‘aus den Kindertagen’, espressione che si presta appunto a una maggiore estensione della metafora, del simbolo. Non è senza significato, in tale ambito simbolico, il fatto che il ritorno abbia luogo di sera: nella sera della vita, quando la si deve abbandonare come nell’intreccio di simboli anche per Kafka ormai. Così in questa brevissima narrazione Kafka presenta il nulla del suo ritorno alla casa concreta del padre terreno e il nulla relativo a un eventuale implicito padre eterno che non attende chi a lui ritorni perché sta appunto solo come antica credenza dell’infanzia dell’umanità. Di fronte al nulla del duplice ritorno resiste tuttavia ancora nella mente e nel cuore di Kafka, sempre secondo quanto sta nello straordinario racconto, lo straccio di vessillo implicitamente ma del tutto verosimilmente ebraico – si è nel cortile della casa paterna, ebraica –, il quale si alza ancora al vento malgrado in pezzi, come una proiezione, si potrebbe dire eroica, del Kafka ebreo. Per concludere: Kafka, fuori dalla porta della casa del padre, si trova accomunato ai rottami buttati via nel cortile, ossia come essere inutilizzabile, fuori sì dalla casa paterna vera e propria e da ogni inesistente casa celeste, assieme però al vessillo in pezzi, che ha ancora l’estrema dignità di alzarsi comunque e ad oltranza anche se come logoro straccio, così come ugualmente il figlio sta comunque eretto sebbene fuori dalla porta di casa con la citata polisemia conseguente, e come in qualità di ebreo errante per eccellenza, scacciato da tutti, non può ritornare da nessuno, tranne che resistere nella propria identità pur lacerata.”

Rita  Mascialino ________________________________________________________________________________________________________________________________________________

 ARTISTA ESCLUSIVO DEL ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’

Fabrizio Nicoletti

STAMPA FIRMATA DA DISEGNO ACQUARELLATO

Il cavallo nero*

conferita ai Vincitori del ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ (2025)

*Opera di Fabrizio Nicoletti riferita alla identificazione di Rita Mascialino sul piano esegetico relativamente alla criptica metamorfosi in cavallo nero (1996 e segg.) insita nel racconto di Franz Kafka Der plötzliche Spaziergang (1912), La passeggiata improvvisa.

Fabrizio Nicoletti:

-Premio Franz Kafka Italia ®’ all’Immaginazione XVII Ed. 2024.

-Primo Premio al ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XVIII Ed. 2024.

Mascialino, R., (2024) Fabrizio Nicoletti, ‘Il cavallo nero. Tecnica: mista in carboncino, acquarello e tempera. Recensione.

“Il Disegno Artistico dell’Architetto Fabrizio Nicoletti intitolato Il cavallo nero, realizzato in stile surrealista con tecnica mista a carboncino, acquarello e tempera su cartoncino, evidenzia l’eccellente padronanza nelle due arti sia per la geometria dei tracciati, sia per la raffinata stesura delle sfumature cromatiche. L’opera si riferisce al celebre racconto di Franz Kafka Der plötzliche Spaziergang, La passeggiata improvvisa (1912) come omaggio dell’Artista a Kafka sulla base dell’esegesi innovativa del racconto da parte di Rita Mascialino (1996 e segg.) relativa all’identificazione della metamorfosi in cavallo nero implicita al testo kafkiano. La rappresentazione di tale metamorfosi nel passaggio dal testo di parole alla condensazione portata dall’immagine è interpretata con impatto artisticamente originale da Nicoletti: mentre in Kafka dominano le tenebre al punto che non si distinguono i contorni dell’animale che si sta ergendo nella sua vera forma dall’oscurità della notte attorno ad esso così che l’evento si verifica nel buio più totale – immagine kafkiana non riproducibile in un ambito visivo concreto e solo  per così dire di casa nell’ambito delle immagini mentali dove tutto è possibile –, nell’opera di Fabrizio Nicoletti è presente  uno sfondo bianco, riservando il nero alla imponente coda del morello e ai capelli di colui che si sta trasformando, quasi essi siano un gentile inizio di criniera. Di profonda risonanza semantico-emozionale risulta la scelta estetica di dare alla metamorfosi l’impronta della scomposizione angolata di eco cubista come essa avvenisse a pezzi  da armonizzare in linee morbide successivamente, particolarmente adatta ad esprimere il divenire faticoso di una fusione stilizzata  e simbolica tra umano e cavallino che allude con un tocco sinistro, seppure diversamente, all’atmosfera della metamorfosi che informa la tenebrosa ideazione dell’inconscio kafkiano che appare quasi come un buco nero dalla creatività che tutto ingoi  per poi ricreare la vita nell’arte. Tale kafkiana creatività si ripropone  elegantemente modificata in Nicoletti, ma non in modo da non poter essere riconosciuta nella sua matrice di riferimento, nella dinamica della metamorfosi nella parte centrale e posteriore del corpo tra l’umano e l’equino, nonché anche negli arti anteriori umani e già quasi cavallini, così che il simbolico animale pare essere in procinto di introiettare ormai quanto di umano resti.  A dare respiro a tale inquietante quanto emozionalmente molto suggestivo effetto estetico insito nel disegno di Fabrizio Nicoletti stanno le cromie degli azzurri e dei rosa portate dagli acquarelli in alto nello sfondo che si riferiscono a un’oscurità non totale, segno di ancoraggio ancora presente ai colori della vita non assorbiti o non assorbibili totalmente per l’Artista Nicoletti dall’oscurità per quanto foriera di estrema potenza creativa come nel completo titanismo kafkiano della metamorfosi in cavallo nero, la quale appunto in Nicoletti non abbandona del tutto sentimenti più umani.

Così nel complesso Disegno Artistico, dalla profonda semantica espressa in un’estetica finissima, di Fabrizio Nicoletti Il cavallo nero, di cui si sono esplicitati i poli più significativi riferiti comparativamente alla medesima metamorfosi in Kafka.”

Rita Mascialino

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Cenni biografici relativi a FABRIZIO NICOLETTI  Artista Esclusivo del Premio, su gentile Autorizzazione dell’Artista stesso alla pubblicazione:

Fabrizio Nicoletti (Tivoli RM-I), di grande creatività e sensibilità artistica, è Architetto su conseguimento di Laurea Triennale in ‘Tecnica di progettazione del Paesaggio e dei Giardini’ e Laurea Specialistica Magistrale in ‘Architettura del Paesaggio’ presso l’Università degli Studi ‘La Sapienza’ di Roma. Sulla base della conoscenza delle più varie tecniche come gli sono note dai suoi studi accademici  specifici, è rinomato Illustratore artistico di diverse opere letterarie, nonché del Manuale ufficiale per la dispensa didattica del Corso di Formazione per ‘Soccorritore Aeroportuale Vigili del Fuoco’, ambito in seno al quale espleta anche la sua professione di Vigile del Fuoco prestando servizio in via operativa diretta presso numerosi Distaccamenti, già con intervento straordinario di supporto alle vittime del terremoto dell’Aquila nel 2009. Ha al suo attivo diverse Mostre d’Arte personali presso importanti Gallerie nazionali ed è risultato Finalista nel Concorso Mondiale della NASA per l’ideazione di un Logo. Partecipa annualmente alla ‘Mostra Integrazione’ con i ragazzi psichiatrici e diversamente abili di vari Istituti, tra cui l’Istituto Don Orione di Roma. Collabora con interventi grafici alla Rivista online remusic.it. Accanto all’impegno lavorativo e nelle arti visive, segue Corsi per l’ammissione al Biennio Superiore del Conservatorio in chitarra classica, che suona in vari Istituti e Teatri. Accompagna musicalmente le presentazioni di scrittori e poeti, con repertorio dai chitarristi classici a Fryderyk Chopin tra gli altri. Compone improvvisazioni musicali di ideazione personale. Dal curriculum di Fabrizio Nicoletti si evince come la sua esistenza si esplichi tra i due poli principali rappresentati dalla tensione al volontariato – come la sua stessa professione di Vigile del Fuoco lascia indirettamente intuire per l’immancabile sostegno dato dalla volontà di aiutare il prossimo quando in situazioni estreme di rischio della vita – e all’arte visiva e musicale, una vita dunque che Fabrizio Nicoletti spende precipuamente per il bene del prossimo e per il polo più fine della personalità umana: l’Arte.”

Rita Mascialino

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­­­­­­VINCITORI

‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Edizione 2025

per il DISEGNO ARTISTICO

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Comitato del ‘Secondo Umanesimo Italiano ®’ | Udine UD

PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PRIMO PREMIO

CONSTANTINO LUIS MARINO (Salerno-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025  DISEGNO ARTISTICO: Primo Premio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Constantino Luis Marino: ‘Silver Moon’ (2025). Recensione.

Silver Moon (Tecnica: Incisione con disegno manuale fotogrammetrico. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Primo Premio), è un’opera dell’ingegnere e artista Constantino Luis Marino (Salerno), noto in campo nazionale e internazionale quale esperto nella complessa tecnica fotogrammetrica che ha antichi precursori illustri tra i quali Canaletto e Leonardo da Vinci. L’immagine ha come soggetto concreto una struttura alberghiera nella realtà di Amalfi, elegante, dotata di spiaggia per la balneazione e, implicitamente dall’aspetto raffinato, di molti comforts. Nello sfondo si alzano abitazioni ordinatamente composte da cui si può godere della vista sul mare. L’inchiostro di china nera è steso in concentrazione quasi del tutto coprente su alcune figurazioni fino alla diluizione per i caseggiati nelle sfumature del grigio in diverse tonalità, più chiara, meno chiara, con spazi bianchi. Tuttavia l’immaginazione alla base del soggetto dell’opera supera il primo impatto del reale concreto nelle profonde trasfigurazioni simboliche cui l’arte sottopone inevitabilmente – e sempre – la realtà – in aggiunta l’immagine è in bianco e nero, come non lo è mai la realtà e anche questo conduce, anche solo inconsciamente, lontano dal reale.  Vediamo qualche dettaglio di quanto affermato.Il titolo dell’Incisione dunque, Luna d’Argento in traduzione, introduce già di per sé il sonno, il sogno, nonché l’inconscio che in queste circostanze per così dire la fa da padrone, e con essi apre all’ingresso di un’atmosfera notturna dal fascino sottile e misterioso, anche di luoghi fuori dalla terrestrità e, nella norma, non alla portata degli umani. Tuttavia, a prescindere dal titolo per così dire notturno, l’immagine non è scura come in una notte rischiarata appena da una luna argentata, e potrebbe sembrare a una prima occhiata una rappresentazione diurna, non illuminata da un sole cocente, ma comunque diurna. Sorprende allora che nel cielo si stagli un disco lunare oscuro, non argenteo, se non del tutto o del tutto nero, che dà il suo segno sinistro a tutto il paesaggio trasformandolo: la luna nuova non è visibile di giorno, né può rischiarare la notte celando essa il suo volto cieco nella sua veste senza luce, senza alcuna illusione di vita data dal riflesso dei raggi solari. Grazie soprattutto a tale connotazione discordante il paesaggio si rivela duplice, come diviso nettamente a metà, ossia da un lato la vista diurna e dall’altro quella notturna in cui la luna nera si fa eccezionalmente vedere acquisendo la semantica più infausta nella profonda simbologia che imposta il disegno. Semanticamente: la vita sulla Terra con le sue illusioni, la fine definitiva della vita come incombe in distanza con la visibilità della luna nera priva di ogni possibilità di illusione di vita futura. Di fatto Constantino Luis Marino ha reso presenti nella sua suggestiva sintesi iconica i due mondi che pertengono all’umanità nella parabola esistenziale dei poli opposti dell’inizio e della fine del percorso di ciascuno. In altri termini: i segni della vita sono visibili nel residence e nelle abitazioni degli umani, mentre il cupo segno della non vita è simboleggiato da una luna priva della presenza di continuazione della vita in uno o l’altro al di là. Di fatto nelle culture di tanti popoli antichi, la luna ha ottenuto molteplici elaborazioni sul piano simbolico, mai del tutto liete e spesso, se non sempre, aventi a che fare con l’oltre vita, livello simbolico suscitato, precipuamente sebbene non solo, dalla visione  delle diverse fasi luminose della stessa fino al pieno rigoglio, cui segue il declino nelle fasi calanti fino alla luna oscurata o nera, come se essa per così dire morisse, per poi rivivere e così via in cicli che ricominciano sempre daccapo immutati e immutabili. Proseguendo nell’analisi semantica di questa straordinaria opera d’arte di Marino, si può constatare come manchino nel disegno del luogo vacanziero umani in carne ed ossa e ombre di qualsiasi tipo, così che il luogo denominato Silver Moon appare un luogo disabitato, vuoto di persone e astratto, ciò che conferma e rafforza che a essere in primo piano nell’immaginazione estetica, conscia e inconscia, di Marino valga la luna nera della notte più oscura e simbolicamente priva  dell’aggancio ai toni della vita concreta, corporea, come se degli umani, finite le fasi crescenti e calanti – vedi presenza della luna nera dove non sono previsti risvegli individuali, ma solo anonime rinascite dei cicli –, rimanessero solo case e cose da essi costruite e necessariamente lasciate vacanti per sempre. Di fatto i segni della vita, come si è accennato, ci sono: ombrelloni, sdraio, barchette a remi pronte a prendere il largo, ma tutto il paesaggio manca appunto di nocchieri, di viaggiatori. L’atmosfera che si respira nell’Incisione dell’artista pare essere cristallizzata in una interiorità immota, in tal modo associabile all’eterno che non può più cambiare alcunché in chi è stato e non è più – questo sempre tenendo conto di quanto è esplicito e implicito nel disegno dell’Artista Marino.  Ricapitolando: qual è dunque il messaggio in questa particolare Silver Moon incisa da Constantino Luis Marino? Nientemeno che l’angolazione più rilevante intrinseca all’esistere come è nelle più ampie potenzialità dell’espressione artistica non condizionata dal materiale, dalla fisicità concreta: una visione del mondo fatta di belle cose concrete radicate nel reale come, in tutta superficie, i gioiosi soggiorni al mare, ma anche i più evanescenti sogni argentati nelle notti serene; fatta, meno in superficie, di speciali e anche lontani viaggi sul mare come le barche suggeriscono; fatta infine, in un affondo in crescendo nella più acuta sensibilità dell’Artista, del rimando al sonno senza sogni nella luna nera di una notte metaforicamente senza risvegli per chi si sia in essa addormentato. Concludiamo questa analisi con alcuni importanti paralleli poetici affini al messaggio nell’opera di Marino relativamente all’atmosfera notturna: i famosi versi del  Carme 5 di Catullo: “(…) nobis cum semel occidit brevis lux,/nox est perpetua una dormienda (…);  l’immagine insita nel memorabile Monologo shakespeariano di Amleto nell’omonima tragedia “(…) To die, to sleep;/To sleep: perchance to dream (…)”; i celebri Sepolcri di Foscolo “(…) Rapian gli amici una favilla al Sole/a illuminar la solitaria notte (…)”,  per citare solo alcuni grandi poeti che hanno trattato del sonno più cupo, del sogno più speciale e della notte più fatale simboleggiati anche da Marino a livello iconico nella sua Incisione d’Arte Silver Moon che prende avvio da note immagini del reale per giungere a visualizzare il regno dell’invisibile.  Così, l’artista Constantino Luis Marino ha dato vita nell’arte a uno scorcio profondo e complesso della sua visione del mondo, ciò non solo sotto la guida della sua consapevolezza, ma anche e soprattutto per quanto sta, detto con una diafora, a livello inconscio nel suo inconscio.

Rita Mascialino                                                                                                                                       _______________________________________________________________________

Comitato del ‘Secondo Umanesimo Italiano ®’ | Udine UD

PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

FABIO DOTTA (Conegliano-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025 DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Fabio Dotta: ‘Giostre ad Oderzo’ (2019). Recensione.

Il Disegno Artistico dell’architetto e artista Fabio Dotta (Conegliano) Giostre ad Oderzo (Tecnica: Incisione su lastra di zinco. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria) ha il titolo in sé circostanziato nel reale, relativo al gioioso divertimento ideato per i piccoli. Nell’opera sono rappresentati animali, in primo piano la tigre che convive con un’anitrella senza azzannarla, come pure con il cavallino sul retro che pare non preoccuparsi della convivenza con l’animale feroce. Essendo gli animali per così dire imbrigliati nella finzione, i rapporti tra di essi potrebbero rientrare nell’area dell’ovvietà visto che fanno parte di un gioco, ossia non sono reali, tuttavia, trattandosi nella fattispecie di un’opera d’arte, l’ovvio quale mezzo interpretativo non può essere strumento applicabile. Eliminando dunque il filtro ottundente dell’ovvio che, per ribadire, sta come un cancello chiuso di fronte alla possibilità di comprendere, sorge un iniziale problema: come mai proprio la tigre, animale frequente nelle giostre carosello, sia stata posta in primo piano dall’Artista come animale dominante la giostra. Da ciò si desume come Fabio Dotta abbia posto nel messaggio insito nella sua giostra simbolica la ferocia e l’aggressività in primo piano in sintonia con quanto si apprende dalla storia della civiltà umana e della vita animale in generale, costituite largamente di azioni in cui il più forte e il più violento hanno, in molti casi, la meglio sul più debole e mansueto. Nel contempo, vista comunque la presenza della coesistenza pacifica di animali feroci e mansueti, è espressa implicitamente anche la speranza – o l’illusione – in un futuro dove tigri, cavallini e asinelli, violenti e inermi, possano convivere in pace. Per chiarire con un esempio sul piano analogico: un po’ come nella famosa frase biblica (Isaia, 11: 6-8): gar ze’èv ‘im ha-kéves, abita il lupo con l’agnello e, proseguendo, la pantera e tutti gli animali, feroci e mansueti, vivranno assieme pacificamente così che persino un bambino potrà custodirli – la speciale giostra è fatta per i bambini che, metaforicamente, possono cavalcare la tigre senza danno. Un messaggio di speranza ottimistica? Sì, certo, ma non del tutto. Al proposito si pone un secondo problema: l’assenza di bambini, magari anche solo stilizzati, sulla giostra e di ogni essere umano nell’immagine, assenza che si associa, sempre nel contesto specifico, al fatto che la convivenza tra animali predatori e animali mansueti non sussista altro che nel sogno o nell’attesa di un’esistenza che pare non trovare riscontro con il reale come è espresso nello scorcio di visione del mondo dell’artista Fabio Dotta di cui nell’opera in questione. A conferma della non perfetta letizia implicitamente intrinseca a questa immagine pur giocosa, sta un terzo problema: il colore piuttosto cupo che connota l’Incisione in generale, diverso da quelli utilizzati in non poche altre Incisioni di Dotta, tra cui l’azzurro o il verde luminosi. Il colore, al suolo delle esteticamente speciali Giostre ad Oderzo, è il rosso del sangue – coagulato, per cui sparso da un certo tempo dopo il feroce pasto – che si mostra in macchie diffuse e associabili alla natura carnivora della tigre. La stessa anatra rossa che guarda lieta la tigre è sì rossa come nella sua specie piuttosto rara, ma anche, nel contesto simbolico dell’arte, similmente al colore del sangue in sé, come se in una sua ingenua credenza nella mansuetudine della tigre ne fosse inconsapevolmente una facile, potenziale, futura vittima. In aggiunta e soprattutto: le case degli uomini nello sfondo, pur bianche, ornate e ordinate, graziose e la copertura o tetto della giostra che pare un ornamento similmente agli ornamenti delle case, sono incise con il medesimo inchiostro con cui è sparso il simbolico sangue nella giostra di Fabio Dotta, ossia i tracciamenti e alcuni pieni di porte e finestre, sono associabili anch’essi alla giostra, alla tigre, unico animale feroce rappresentato in primo piano nella giostra come tema dominante – le case associano di fatto i predatori umani che, pare, siano i più astuti e feroci sulla faccia della Terra, capaci anche di mimetizzare la loro ferocia negli aspetti estetici più accattivanti come negli ornamenti estetici delle loro abitazioni. Per concludere, ancora una parola sul titolo della veramente splendida quanto semanticamente intensa e complessa Incisione: il plurale Giostre si riferisce a una pluralità di giostre come è nella consuetudine di questi giochi essere numerosi e di tipo diverso, ma nella calcografia d’arte di Dotta, di giostra ce n’è esplicitamente solo una. Dati tuttavia i collegamenti cromatici e spaziali di case e giostra ce ne può essere un’altra, quella segnata di rosso delle belle casette bianche, come se le giostre fossero raffigurate dal rotante carosello e anche metaforicamente dalle immobili case degli uomini, il tutto nella doppia cromia, bianca – le pareti delle case e una parte del suolo su cui si muovono gli animali – e rosso sangue. Giostra, questa, non come gioco, ma come realtà metaforica dell’esistere umano. Una doppia giostra artisticamente molto coinvolgente ed emozionalmente anche sconvolgente, in un’immagine che esprime un mondo di sentimenti opposti, fra cui l’implicita nostalgia di vita lieta suscitata per contrasto con ciò che è reale, desiderio che la bellezza delle casette evidenzia pur senza riuscire a evitare del tutto l’aggancio cromatico alla giostra più inquietante posta in primo piano.

Rita Mascialino

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Comitato del ‘Secondo Umanesimo Italiano ®’ | Udine UD

PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

ALEKSA ĐUKANOVIĆ (Belgrado-Serbia): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025  DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Aleksa Đukanović: ‘L’incubo di Franz Kafka in una vita alternativa’ (2025). 

Il Disegno Artistico del letterato e artista Aleksa Đukanović (Serbia, Belgrado) dal titolo L’incubo di Franz Kafka in una vita alternativa (Tecnica: Esecuzione mista di matita e grafica digitale. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria) rimanda al racconto celebre in tutto il mondo La metamorfosi (1913) in una originale e molto profonda interpretazione. Basandosi sulle coordinate spaziali che informano il disegno, risulta che lo scarafaggio stia uscendo, lentamente come dalla compostezza delle sue zampette, attraverso la mandibola dell’uomo Kafka: l’animale ha il piccolo muso stilizzato nei segni allusivi al volto di un essere umano che sia girato verso il suo ospite, che attende apparentemente perplesso, guardingo e senza segni di letizia, l’evento eccezionale e comunque inquietante. Da un lato, il fatto che lo scarafaggio mentre sta abbandonando, pare definitivamente, colui che lo ha albergato dentro la sua mente fino a quel momento, giri la sua faccia – umana – verso il protagonista e abbia un’espressione non lieta, implica che abbandoni la mente dell’uomo con una sorta di nostalgia verso questo e verso l’alloggio in cui si era trovato, se non bene, in ogni caso non propriamente male. Dall’altro lato, non si tratta di una cacciata da parte di Kafka che, come appare, non si trova in una situazione di lotta o di ira contro il parassita, ma risulta essere altrettanto dubbioso e non lieto. In questa rappresentazione iconica della relazione tra l’insetto e l’uomo emerge, secondo lo schema proposto dall’immagine, come tra scarafaggio e protagonista della Metamorfosi si sia in qualche modo instaurato un modus vivendi che non pare essere stato del tutto negativo, ma che al contrario abbia prodotto nel tempo un adattamento reciproco, tra persona e insetto, anche con qualche aspetto positivo. Per chiarire: il disegno suggerisce come l’orrida convivenza di due esseri tanto diversi e poco compatibili, uomo e blatta, nella mente di Kafka, una volta venuta essa allo scoperto, possa non essere più del tutto spaventosa e repellente come quando stava chiusa e celata nell’oscurità o possa anche non esserlo affatto più o quasi affatto. In tal modo l’incubo kafkiano, in questa interessante opera di Aleksa Đukanović, pare aver perduto – appunto in una vita alternativa – i suoi lati più raccapriccianti. Il legame del protagonista con la sua figurazione più angosciante può essere quindi diventato amichevole in qualche misura e angolazione. In altri termini: si tratta di un rapporto evolutosi, da terrorizzante, in una sorta di amicizia, per quanto specialissima, che porta alla luce un avvenuto inizio di trasformazione parziale e addomesticamento dell’animale in uomo. Concludendo, questa particolare interpretazione della Metamorfosi nel disegno di Đukanović evidenzia come dispiaccia a entrambi per qualche aspetto inconfessato l’avvenuto smascheramento, la neutralizzazione, e quindi l’uscita dell’animale semi umanizzato dalla mente dell’uomo che perciò non si sta verificando nel segno della letizia per nessuno dei due. In compenso però, come anche dal titolo L’incubo di Franz Kafka in una vita alternativa del giovane artista Aleksa Đukanović, l’incubo non è più del tutto tale e, quasi un amico in meno, abbandoni il suo ospite, Kafka, in solitudine, anche questo pensieroso per tale abbandono, per questa fine della convivenza creatasi nella propria mente segreta. Ciò secondo la spazialità intrinseca al disegno, dove l’artista ha dato un’interpretazione originalissima e profonda del mostro più noto dello straordinario inconscio kafkiano.

Rita Mascialino

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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

TANJA MALETICH (Belgrado, Serbia): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025 DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Tanja Maletich:Metamorphosis’ (2024).  Recensione.

Il Disegno Artistico di Tanja Maletich (Serbia, Belgrado) Metamorphosis (Tecnica: Esecuzione manuale con penna a inchiostro su carta. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria) offre una trasformazione all’apparenza gioiosa di un domestico cane in un volatile altrettanto domestico, al contrario nella realtà simbolica dell’arte si tratta di una metamorfosi che si annuncia piuttosto inquietante. Tale cambiamento non è completo, il cane possiede le ali e già vola nel cielo, ma non possiede, tra l’altro, l’indispensabile coda timoniera per decidere l’esatta direzione, ciò che può far prevedere necessari ulteriori perfezionamenti della metamorfosi. Proseguendo nell’analisi semantica, la qualità della metamorfosi in progress si può inferire da dettagli dettati in piena consapevolezza dall’Artista o in seguito alle direttive estetiche più inconsce. Ad esempio gli artigli – non tagliati come di consueto nel cane – sono più lunghi di quelli anche naturali del cane e con qualche somiglianza a quelli di un lupo, anche di un rapace. Non solo i preoccupanti artigli, ma anche le ali paiono elaborate in spazialità importanti le quali evocano immagini di copricapi fatti di penne d’aquila come simbolo di potere – gli uccelli in genere non volano con le ali in tranquilla verticalità. Si tratta di una trasformazione che richiama da un lato la natura selvaggia del lupo, il feroce canide superpredatore antenato del canide familiare, e dall’altro, in una diversa dimensione potenziata, quella in fieri di un signore dei cieli, libero padrone di ampi spazi, condividente nella postura delle ali l’umana regalità testé accennata, nonché ad essa collegata la potenza di un rapace metaforicamente altrettanto regale. È come se l’inconscio ancestrale di questo speciale cane, ossia il lupo sanguinario che è il suo capostipite, stesse emergendo nel cane in unione alle abitudini relative alla collaborazione con l’uomo, animale aggressivo, divenuto nella fattispecie il suo capo. La metamorfosi non è quindi in direzione così amichevole come può apparire a prima vista se non valutata nelle spinte inconsce come dai dettagli citati, ossia verosimilmente miste tra quelle dell’antico progenitore, quelle verso il rapace più potente e quelle verso l’uomo, il padrone del mondo, ciò nel più vasto potere – di fatto il cane vola su uno sfondo di cui pare essere l’unico dominatore, quasi un monarca assoluto per usare concetti antropomorfici. Per concludere: è come se questo cane già addomesticato non volesse più essere al servizio di nessuno, ma tentasse una trasformazione in senso più autonomo e temibile secondo le proprie origini in aggiunta enfatizzate in senso di rapace umano, questo secondo gli indizi presenti nella spazialità generale della originale e molto interessante opera Metamorphosis di Tanja Maletich.”

ita Mascialino

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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

ROBERTO MALINI (Milano-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025  DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Roberto Malini: ‘Allegoria con Kafka’ (2025).  Recensione.

“Il Disegno Artistico Allegoria con Kafka (Tecnica: esecuzione in grafica digitale a inchiostro con tratto materico. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria) di Roberto Malini (Milano), letterato, artista, scrittore e poeta, celebre soprattutto per la grandiosa ricerca e raccolta di numerosissime opere d’arte relative all’Olocausto create da artisti cremati nei forni dei Lager della Germania Nazista o sopravvissuti, raccolta presente nel Museo dell’Olocausto di Roma e anche negli Archivi di ‘Yad Vashem’ (Israele), è tracciato nello stile che rimanda all’aspetto incisorio come effetto estetico, nonché con tratto apparentemente materico evocante sul piano visivo, non tattile, l’illusione dello spessore concreto della materia, tutto ciò per dare intensa pregnanza all’immagine, cui la sfumatura seppia aggiunge la tonalità del vecchio, dell’antico. Allegoria con Kafka, assieme a Kafka, coinvolgente Kafka, è il titolo con cui l’autore ha esplicitato il canone esegetico razionale, del quale si è servito per dare il significato desiderato alla sua opera – l’allegoria, detto en passant, si differenzia dal simbolo soprattutto quale significato scelto arbitrariamente. Venendo dunque all’allegoria prodotta da Malini, essa si riferisce all’immagine in cui l’enorme libro sta in mezzo a piccole case di piccoli uomini. Secondo le parole citate per iscritto dall’autore, essa “raffigura Kafka di fronte a un gigantesco libro-muro, simbolo delle barriere intellettuali, sociali o esistenziali: ideologie e pregiudizi” – delle restanti componenti della sua opera artistica Malini non si occupa avendo privilegiato un solo particolare importante per un suo specifico interesse, componenti invece che, in un’analisi semantica del messaggio sul piano dell’arte, devono essere considerate nel loro complesso. Dalle parole di Malini sorge un problema di ordine spaziale, semantico: Kafka, nell’allegoria, non si trova di fronte al libro, ma di lato, ossia non guarda né il libro né le casette. Kafka dunque, eretto, guarda verso il suolo, la terra, come non considerasse il piccolo mondo dei pregiudizi, al contrario, secondo la spazialità per quanto emerge dal disegno, come se ragionasse sul significato della vita sulla terra, ciò che è evidenziato simbolicamente dai disegni di figure geometriche quadrate – alludenti all’alfabeto quadrato della lingua ebraica? – poste al suolo di fronte a lui, solo davanti a lui quali proiezioni dei suoi pensieri eminentemente logici, analitici. Di fronte o lateralmente, si potrebbe pensare, non fa differenza, invece la differenza che fa è fondamentale semanticamente parlando – anche concretamente –, come vedremo. Proseguendo, il grande libro mostra nelle due pagine aperte gli stessi segni confusi che stanno nel cielo sovrastante tutta la scena. Sorge a questo punto un altro problema relativo al cielo completamente oscuro e confuso che sovrasta sia il grande libro, sia Kafka, cielo oscuro e confuso su tutti, su Kafka stesso, così sembrerebbe di primo acchito. Ma abbiamo testé evidenziato come Kafka si salvi dalla confusione non lasciandosi influenzare né dal libro né dalle casette, né tanto meno da un cielo così oscuro e confuso – abbiamo visto come Kafka guardi in basso, a terra –, resistendo a tutto ciò con il suo pensiero logico che non viene inficiato dalla presenza del libro o del cielo che si estende anche su di lui senza avere alcun effetto di coinvolgimento. Ragionando risulta: non è il cielo oscuro e con gli stessi segni scritturali confusi che stanno nelle pagine del libro a proiettare la propria confusione nel libro e nel mondo, bensì  è l’opposto, ossia la spazialità è opposta, è il libro che proietta sul cielo le proprie pagine, senza poter chiarire nulla in quella chiara, che resta incomprensibile e misteriosa, senza poter chiarire nulla neanche nella pagina chiara, che resta incomprensibile e misteriosa, confusa. In altri termini: è il libro che dà al cielo i propri tratti. Questo cielo non può dunque avere estensione semantica universale quale ha ad esempio il cielo dell’astrofisica, bensì è solo adatto al grande libro di cui condivide per così dire scrittura confusa e oscurità. Accanto al cielo per così dire scientifico, che non può essere quello del disegno, vi sono cieli che sono sede di alcune arcaiche credenze popolari, ad esempio credenze astrologiche e mitologiche. Tenendo conto della confusione che collega librone e cielo sul piano simbolico con tendenza all’estensione egemonica su tutta l’umanità, si associa non tanto un cielo astrologico, di cui non c’è alcun indizio spaziale nel disegno, quanto un importante e anche unico cielo possibile nel contesto, quello in seno al quale esso sarebbe sede – confusa e oscura – di tutti gli dèi prodotti in seno alle varie culture in tempi arcaici, antichi, un cielo appunto non universale,  bensì limitato alle credenze mitologiche espresse nel libro, al quale il tocco del seppia aggiunge in sottofondo appunto la cromia antica e sbiadita. Il cielo del tutto oscuro si riferisce pertanto – a livello conscio o inconscio non fa alcuna differenza, ossia la differenza la fa il comprendere con l’analisi semantica le cose come stanno – alla proiezione del pensiero di chi tiene in piedi nella confusione il librone, ossia la cultura, per il governo del popolo, possibilmente del mondo intero, libro il quale secondo questa analisi non si riferisce a niente di generale, a ideologie e pregiudizi sociali e simili in particolare, bensì allude, inevitabilmente, alle sacre scritture le quali uniche sono collegate strettamente a un cielo adatto alle confuse credenze che si intendono valere per tutti appunto come in tempi arcaici, anche su Kafka e chi come lui – senza riuscirci del tutto, il Kafka del disegno tiene duro nel ragionare.  Così il significato e la sua simbologia fondamentale sorgente dallo schema delle spazialità inconsce dell’immaginazione – per altro anche e in primis scientifica, non solo artistica –  hanno lasciato l’allegoria e hanno dato espressione alla radice estetica della profonda opera d’arte Allegoria con Kafka di Roberto Malini, una semantica che coinvolge un grande pregiudizio per come sta nella presenza dell’enorme libro-cultura che sovrasta gli umani e oscura anche il cielo per quanto vuole e può, come sopra interpretato.”

Rita Mascialino

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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA 

MARIO MANFIO (Trieste-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025 DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Mario Manfio: ‘Casa di riposo’ (2025). Recensione.

Il Disegno Artistico del professore e Maestro Mario Manfio (Trieste), dal titolo Casa di riposo (Tecnica: Grafite su carta ruvida. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria), è eseguito, classicamente con grafite su carta ruvida, come spesso in questo Artista disegnatore, pittore, scultore. Presenta un corridoio situato in una casa di riposo dove sono accolti uomini e donne di età non più giovane, apparentemente senza parenti, figli o fratelli e sorelle che possano o vogliano ospitarli nella loro abitazione e farli vivere ancora con loro. L’immagine non è lieta mostrando essa persone comunque sole che attendono nella loro età avanzata di non essere più e sono già quasi evanescenti. Quasi nessuno parla – una donna sembra rivolgersi a un anziano, ma apparentemente senza poter instaurare un dialogo qualsiasi. Per altro le persone raffigurate evidenziano estese ombreggiature sulle proprie vesti al punto da sembrare esse stesse figure umbratili, anche le donne in piedi in fondo al corridoio, più in ombra, ospiti dell’ospizio o anche personale di servizio, appaiono quasi già come ombre esse stesse. Le persone sedute non parlano, solo guardano avanti a sé nel vuoto o a terra, aspettando l’ora dei pasti, più profondamente: l’ora della fine. Sono persone che non hanno più immaginazione, progetti per il futuro, da ciò – nel disegno – il totale sconforto, la rassegnazione come si evince dall’assenza di qualsiasi moto, di qualsiasi iniziativa di vita, dalle posture dei loro corpi, quasi già privi di vita, come pupazzi abbandonati sulla sedia, anche dalla luce opaca che non ispira gioia di vivere, persone nelle quali tutto è ridotto al minimo: un vestito di poco prezzo, ciabatte o scarpe di basso costo, inoltre niente che parli ancora della bellezza della vita.  Emerge una qualche differenza tra donne e uomini. Le donne del toccante disegno sul piano umano e sociale specificamente hanno un aspetto un po’ più attivo di quanto abbiano i maschi, due di esse stanno in piedi, ossia camminano – si nota che sono ospiti della struttura ad esempio dal possesso di un bastone e dall’assenza di un qualsiasi camice –, la donna che sta seduta pare parli o voglia parlare con l’uomo accanto a lei. Perché i maschi appaiano più inerti delle donne, come ha evidenziato Mario Manfio in questo disegno relativo alla parte finale della parabola della vita quando è particolarmente sfortunata, si riferisce alla maggiore attività degli stessi quando erano meno vecchi, quando avevano un maggiore potere nella società, rappresentato dal loro lavoro, per cui lo stare senza fare niente, seduti, senza alcun progetto benché di piccola portata, senza neppure parlare fra di loro – così nel disegno – sembra abbatterli maggiormente di quanto accada alle donne che mantengono l’abitudine al dialogo, anche leggero, comunque dialogo che avevano anche nella loro gioventù, quindi la propensione alla relazione con l’altro,  mentre gli uomini paiono del tutto svuotati di ogni possibilità anche minima di dinamicità. In artistici tocchi da Maestro, semplici quanto profondamente realistici e sapienti, Mario Manfio ha descritto l’angolazione più tremenda dell’umano esistere: la triste attesa della conclusione del ciclo esistenziale nella Casa di riposo, ma senza alcuna enfatizzazione della disperazione collegata a questa circostanza, al contrario senza tratti drammatici perché essi avrebbero parlato ancora di vita, di quella vita che sta per finire al contrario mestamente nella rassegnazione per gli umani accolti nello spazio artisticamente effigiato.”

Rita Mascialino

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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

VANESSA PANCOTTI in arte vanish (Marino-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025 DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mascialino, R., (2025) Vanessa Pancotti in arte vanish :Viaggio nel tempo’ (2019). Recensione.

“Il Disegno Artistico dal titolo Viaggio nel tempo (Tecnica: Pastelli acquarellabili e inchiostro su carta acquarellabile. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria) dell’artista Vanessa Pancotti (Marino) in arte vanish diplomata con successive specializzazioni in Design Metalli e Oreficeria, presenta dal punto di vista del significato in prospettiva universale una sintesi dei due poli di vita e morte, il problema principe dell’esistenza – o della tragedia – umana. Il sole più splendente diffonde i suoi benefici raggi sulla barca nel mare, da sempre metafora del viaggio esistenziale, barchetta comunque che ricorda la spazialità della falce di luna. Alle spalle del disco solare, in alto, splendente sulla vita, attraverso la simbolica serratura come a collegamento e passaggio per altra spazialità si apre un paesaggio lontano in un cielo ombreggiato dove occhieggia sinistra una falce di luna – falce in  sé quale arma simbolica del consueto  equipaggiamento di varie figurazioni della morte come nell’immaginazione degli umani di numerose culture –, luna illuminata dal riflesso di qualche raggio solare sulla nera faccia che assieme alla falce assume l’aspetto di un orologio che misuri il tempo riservato alla vita, un tempo-orologio che, pare, abbia carica per così dire cosmica, ossia non possa fermarsi. È dunque vero che questo viaggio nel tempo, secondo una semantica espressa chiaramente, si estende tra la vita, rappresentata da sole e mare, e la morte, simboleggiata dall’orologio lunare, anche nella barca stessa come non può essere diversamente in un’opera che riguarda il viaggio nel tempo – per altro la luna in quasi tutte le culture è intesa come luogo di arrivo e definitiva dimora dei defunti al di là di ogni speranza di tipo resurrezionale.  Certo, la serratura, come più sopra nel mezzo del mare dell’esistere con tutti i suoi rischi e gioie, ha qualcosa che mostra un evidente, anzi evidentissimo richiamo posto nel suo lato destro, per chi guardi l’immagine, al falcetto dello speciale orologio che non riguarda quindi proprio solo la luna che pare attendere sorniona, ma vigile pur nella notte, il suo habitat usuale, nello sfondo del cielo, bensì coinvolge, per altro all’ingrandimento, la vita già nel suo fulgore: la falce prende nel suo abbraccio la serratura e con essa anche il sole e quanto consegue al suo simbolo di vita, come se la vita contenesse in sé anche l’abbraccio della falce. Da non trascurare: la spazialità della speciale serratura evoca di primo acchito la forma di un viso che appare femminile nel  suo tratto armonioso, donna che porta la vita, il sole nell’esistere umano, vita inevitabilmente collegata all’orologio lunare proprio dalla presenza di una falce molto visibile, che funge anche da capelli che incorniciano l’astratto volto femminile privo di segni identitari e adatto a rappresentare appunto non una donna in particolare, bensì il femminile universale che porta nella vita e accompagna nell’ultimo viaggio. Conferma l’assenza di illusioni in al di là qualsiasi, la spazialità di una croce nel mare, appartenente quindi alle speranze prodotte dagli umani durante la loro esistenza, speranze che, per quanto emerge dal contesto, non coinvolgono la falce lunare dove non stanno croci o simboli religiosi di nessun genere. Così come alle sole speranze di vita sono collegate le due casette rosa collocate a filo del mare – colore di nuovo tipico del femminile –, di cui una sparge il suo rosa come fumo, niente di solido o di persistente come anche la collocazione che pare posta nel mare quale simbolo dell’esistere, senza basi solide, come se la vita, pur gestita in primis dal femminile, non fosse comunque in grado di resistere alla doppia falce. A conclusione di questa analisi del misterioso Viaggio nel tempo di Vanessa Pancotti: si è evidenziato come il segno che unisca la vita e la morte sia dato dalle due falci che si richiamano, quella della serratura e quella della luna, falcetti che evocano la mietitura, il taglio di ciò che ha vita, e come la figura accennata della donna sia al centro della parabola umana, essendo come al bivio tra i due mondi. Un messaggio molto profondo quello di Vanessa Pancotti, il quale tuttavia non parla di disperazione o simili, ma dipinge l’esistere ugualmente nei bei colori della vita pur destinata, come dal contesto, alla duplice falce, ma con un invito, femminile, a godere della bellezza finché il fatale orologio in sintonia con il sinistro abbraccio della speciale e polisemica serratura lo consenta.”

Rita Mascialino

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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

SALVATORE SOTTILE (Caltagirone-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025  DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Salvatore Sottile:Fortezza’ (2024). Recensione.

“Il Disegno Artistico dal titolo Fortezza (Tecnica: Penna a sfera su carta. ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria) dell’ingegnere e docente di Fisica Salvatore Sottile (Caltagirone-I), presenta uno scorcio di fortezza molto particolare. In essa non si vede alcun ingresso tranne che una struttura fortificata, come un percorso dall’esterno, su cui sta scritto il nome dell’autore quasi come un segno di proprietà e di uso esclusivo, così che si ha l’impressione che tale sorta di ingresso rinforzato simile a uno speciale barbacane sia per una sola persona, l’autore del disegno che, per inserire un termine attuale, ci tenesse molto alla sua privacy. La fortezza in ogni caso sembra riferirsi, data la bellezza e la fantasiosità della costruzione, più a un artista che a un guerriero con camaglio e spadone medioevale. Lasciando la sovrapposizione di autore e proprietario della fortezza, sembra certo come questa struttura così bella e misteriosa serva a proteggere chi ci viva da indebite e sgradite intromissioni, una fortezza finalizzata a proteggere soprattutto la personalità, ciò che vi è di più prezioso nella vita di un uomo, ossia la sua identità vera che nessuno, come si inferisce, deve poter violare – appunto salvaguardata nella fortezza psichica. Un luogo ideale questa costruzione fortificata con pietre molto differenziate fra di loro nella forma e dimensione per la difesa della propria mente poliedrica, delle proprie idee, di se stessi da ogni contraffazione proveniente dall’esterno. Si aggiunge un’ipotesi semantica molto interessante sulla terza feritoia a sinistra, che, diversamente dalle altre due a destra, pare chiusa e mostrante una nicchia che non è senza significato. Nella nicchia, molto verosimilmente, si intuisce un vessillo avvolto su una implicita stanga, mentre nel muro sottostante si distinguono alcuni segni evocanti croci  come ve ne sono spesso al centro di uno stemma di città, tutto ciò a protezione totale e ultimo baluardo della fortezza ideale dell’identità culturale?, come pure alla destra della feritoia chiusa si erge un obelisco proiettante la sua ombra piramidale su feritoia e muro  quasi ad esplicitare al meglio la presenza dell’obelisco stesso, anche a sinistra sta un ulteriore obelisco, entrambi posti, come secondo la funzione degli obelischi, a celebrazione, nella fattispecie,  del vessillo che che pare così essere il segno del passato non direttamente dell’abitante della fortezza, ma indirettamente e per così dire il segno dell’appartenenza alla cultura storica, proveniente da lontano. Per concludere: in questa splendida Fortezza d’artista di Salvatore Sottile viene difesa, soprattutto quanto alla feritoria di cui testé, l’immaginazione relativa ai mondi psichici che più profondamente connotano la personalità umana e che esprimono l’identità più vera e inviolabile dell’uomo.”

Rita Mascialino

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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® per il DISEGNO ARTISTICO

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

ANNA TONELLI (Roma-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XX Ed. 2025 DISEGNO ARTISTICO: Premio Speciale della Giuria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rita Mascialino, (2025) Anna Tonelli: ‘Isolamento’ (2025). Recensione.

“Il Disegno Artistico dell’architetto e artista Anna Tonelli dal titolo Isolamento (Tecnica: Tratteggio a inchiostro nero di china su carta con penne a puntali diversi. Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XX Ed. 2025, Premio Speciale della Giuria), raffigura la solitudine dell’essere umano in un’immagine esteticamente penetrante, imperniata su un’intensa quanto significativa opposizione tra luce e ombra. L’isolamento, nel primo impatto emozionale, si presenta non depressivo, ma dotato di energia come nel forte contrasto e nella nettezza dei dettagli del disegno, che suggeriscono la presenza di molti percorsi analitici affastellati, di un senso di volitività, di resilienza, non di abbandono delle forze ancorché nella non letizia della circostanza – la solitudine e l’isolamento non portano mai allegria, ancorché volute, desiderate. L’uomo, che gira le spalle al mondo degli umani, ossia non ha relazione con il mondo abitato di persone – appunto si trova isolato da esso in un bosco –, ha una postura del tutto eretta, l’isolamento non ha procurato una depressione che avrebbe incurvato o poco o tanto il dorso e tiene le mani in tasca come si intuisce dalla sua spazialità, ossia è in fase di semi stallo, sta valutando il da farsi per trovare un’uscita dall’intrico di pensieri in cui si trova impigliato e il suo passo è in avanzamento come si deduce dalla postura delle sue gambe, una davanti all’altra. L’uomo sta con quasi la metà degli arti inferiori immerso nella vegetazione boschiva e l’abito scuro riflette tratteggi e cromie simili a quelli della boscosità attorno a lui, ciò che evidenzia come bosco e abito siano dello stesso tessuto ideale. Proprio tale uguale o affine tessuto ideale manifesta la qualità eminentemente psicologica del bosco e dell’uomo stesso, che così manifestano la loro natura di simboli astratti e persino di emblemi della rappresentazione psicologica espressa artisticamente nel disegno che non ha a che fare direttamente con concretezze di qualche tipo. L’uomo che, come accennato, non ha attorno a sé un’umanità qualsiasi, guarda, come dalla postura, avanti a sé dove l’oscurità si apre per mostrare una fortissima luce come possibilità di superamento dell’oscurità, ma si manifesta al di là non solo di ogni residuo di boscosità, bensì appare essa stessa come un vuoto totale di vita – manca qualsiasi figura umana neanche ipotizzabile in lontananza. Si tratta di una luce che irrompe squarciando il bosco in cui è per così dire imprigionato l’uomo, ma che si mostra del tutto isolante, una luce della solitudine anche privata di una natura quale che sia superato il groviglio di pensieri oscuri proiettati nel bosco in cui è impigliato il protagonista. Nell’immagine la possibilità di uscita dall’oscurità coinvolgente dell’intrico in cui si trova l’uomo è data certo dalla luce che tuttavia non pare poter togliere l’individuo dall’isolamento, ma che anzi pare potenziarlo. Da un lato la luce – uno dei simboli chiave della razionalità –, offrendo appunto chiarezza, dissolve l’oppressione, ma non è in grado di togliere la solitudine, che può restare invariata, anzi può aumentare, restringendo la razionalità il cerchio degli affini e coincidendo essa, nel disegno, addirittura con il nulla di umanità, nel più totale isolamento dunque che si apre all’uomo da tutte le parti, separato a doppia mandata dagli altri esseri umani sia per eccesso di pensieri opprimenti, sia per chiarezza di idee portata all’estremo. Dall’altro lato, la luminosità, che si apre nello sfondo, evoca anche la presenza – sempre stando alla spazialità del disegno – di un baratro che, per essere raggiunto, prevede un salto apparentemente nel vuoto, comunque nell’ignoto, per chiarire con un ossimoro opportuno: nel buio più luminoso, come se il tanto ragionare conducesse al mistico nulla, come appunto in un salto per così dire nell’infinito, dove la solitudine risulti totale, priva di qualsiasi figura umana, ma priva anche di ogni materialità, ciò come in un potenziamento estremo di aureo isolamento, dove proprio la luce può coincidere con l’annullamento definitivo dell’uomo, da ciò la perplessità del protagonista della scena umana di fronte al mistico abisso accecante. Un disegno artistico di Anna Tonelli, che presenta un Isolamento di tutta profondità, con sfumature semantiche anche esoteriche, capace di contenere in pochi tratti un intero e complesso scorcio filosofico.”

Rita Mascialino

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Al termine di questa Rassegna, il mio riconoscente saluto va a tutti i Partecipanti, Vincitori e non, che hanno onorato il Premio Franz Kafka Italia ® offrendo la loro pregiata attività culturale e le loro opere al festeggiamento di FRANZ KAFKA come scrittore e come uomo, come persona, ed esprimo loro il mio più sentito ringraziamento!

                                                                   Rita Mascialino (detta Maddalena, in onore e memoria della grande nonna materna Maddalena Fornasari, Sarizzola di Costa Vescovato AL)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Franz Kafka (1916), Alamy Photo Srock

Rita Mascialino: Atelier ‘PHOTOLIFE’ di Gianni Strizzolo | Via aquileia 49 Udine UD

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PER INFORMAZIONI SUL CURRICULUM DI RITA MASCIALINO VEDI:

www.ritamascialino.com  Biografia e Sintesi dei Cenni biografici

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