I Mostra d’Arte del Premio Franz Kafka Italia ®

I MOSTRA DEL PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® 2013

RECENSIONE

di Rita Mascialino

Fotografia Daniele Basso, www.bassoproduction.com, Udine

Brindisi finale Pasticceria Centrale Visintin, Gorizia

N.B. Tutti i testi della Recensione online si possono ripubblicare, citare tra virgolette ed anche come idee espresse, tuttavia per diritti di copyright è fatto obbligo di citare la fonte: Rita Mascialino, www.franzkafkaitalia.it, I Mostra d’Arte del Premio 2013. Anche le fotografie si possono scaricare sempre citando la fonte: Daniele Basso, www.franzkafkaitalia.it, I Mostra d’Arte del Premio 2013.

Negli eleganti locali del Teatro Kulturni Center Lojze Bratuž in Gorizia ha avuto luogo venerdì 18 ottobre 2013 h 17.30 la vernice della I Mostra d’Arte del Premio Franz Kafka Italia ®, celebrazione sabato 19 ottobre h 17.00 nella Sala del Teatro, presentazione di Rita Mascialino.

La Mostra non è a tema, né è omogenea per uno o l’altro stile né è limitata solo ad artisti contemporanei, esponendo anche un artista della seconda metà del Novecento.  Il collante di questa Mostra sta nel fatto che ad essa partecipano solo ed esclusivamente artisti accomunati dalla circostanza condivisa della donazione delle loro opere al Premio Franz Kafka Italia ®. Si tratta di una Mostra che ha il proprio pregio nella qualità degli artisti e nell’eterogeneità degli stili che vanno dall’Impressionismo all’Espressionismo, all’arte aniconica, all’arte realistica, simbolica, astratta, presenti anche disegno, grafica, fotografia d’arte, scultura e incisione, il tutto in varie tecniche, ad olio, a tempera, in acrilico, miste. La motivazione a monte della Mostra d’Arte è duplice: da un lato essa è intesa come omaggio a Franz Kafka quale grande artista nell’ambito del figurativo per quanto attiene ai purtroppo non numerosissimi disegni pervenutici, non più di una quarantina; dall’altro essa è intesa come omaggio agli Artisti che fanno parte della squadra del Premio Franz Kafka Italia ® a sua volta dedicato a Franz Kafka quale  scrittore tra i più grandi di tutti i tempi.

 Il Teatro, ristrutturato dall’architetto e pittore David Faganel, ospita opere di quattordici artisti di varia provenienza che hanno partecipato e partecipano al Premio Franz Kafka Italia ®, in ordine alfabetico:

 

Luciano Biban

Avelino De Sabbata

David Faganel

Annamaria Fanzutto

Katia Gori

Andrej Kosič

Ada Renza Modotti

Franca Morandi

Alberto Quoco

Sergio Romano

Daniela Savini

Giovanni Toniatti Giacometti

Massimo Totolo

Adriano Velussi

 

Immagini relative alla  vernice

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Viene data in questa recensione una molto sintetica presentazione di qualche aspetto delle opere secondo la loro disposizione negli splendidi spazi del Kulturni Center Lojze Bratuž a partire dalla Saletta che, prendendo come punto di riferimento l’ingresso principale, si trova nel rientro in fondo a destra.


 

Troviamo due suggestivi dittici di Annamaria Fanzutto: il Dittico composto di scultura in terracotta a ingobbio e acrilico su tela Dalla Terra al Cielo e il Dittico composto di scultura in  ceramica e acrilico su tela Non solo rose. Il Dittico Tra Terra e Cielo si intitolava originariamente Olocausto ed era dedicato alla memoria delle vittime nei campi di sterminio nazisti. Oggi ha un titolo che rappresenta più astrattamente non solo l’olocausto, ma anche più universalmente qualche tratto dell’esistenza umana, che spesso soffre su questa terra. Annamaria Fanzutto, profondamente religiosa, offre il sacrificio al cielo, alla divinità che risiede emblematicamente in alto, appunto nell’alto dei cieli. Funge da percorso guida verso l’alto il filo spinato concreto e metaforico che attornia la donna madre in terra, particolarmente legata alla vita, e che si collega con il filo spinato e le spine raffigurati nella tela per ascendere poi trasfigurato in stelle che brillano di una vita ultraterrena. Il Dittico Non solo rose si riferisce alla sposa nel giorno delle sue nozze, un giorno che appare colmo di gioia, ma anche di responsabilità per la donna raffigurata, come mostra la sua spazialità non di appariscenza, ma identificabile in dignità e consapevolezza dei compiti che la attendono di compagna e di madre: il fascio di rose bianche indica la purezza della donna sposa e madre nella visione della Fanzutto, ma anche implica la presenza delle spine, nascoste sì nella forte bellezza e dignità dei ruoli, ma presenti tuttavia, un fascio di rose bianche che esprime la modalità della sofferenza nella donna sposa e madre, vissuta nascostamente nell’intimo del suo cuore senza che ciò pesi su nessuno. Splendide esteticamente e dalla risonanza semantica intensa le forme date alle sculture in cui la Fanzutto è maestra, essenziali e finissime le pitture in acrilico, dai colori tenui, i quali compongono assieme alla figurazione l’atmosfera simbolica fatta di sentimenti controllati anche se forti tipica dei messaggi artistici di questa Artista friulana.

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Proseguendo nell’ampio corridoio si trovano quattro serigrafie e tempere e due dipinti ad olio di Luciano Biban, Artista dall’arte complessa ed incisiva nei suoi messaggi creati sul piano estetico.

Immagine di Luciano Biban

Quest’anno 2013 ricorre il Cinquantenario  del I Premio Stella Mattutina per la pittura in Gorizia conseguito nel 1963 da Luciano Biban, veneziano, grande grafico e pubblicitario e grande pittore della seconda metà del Novecento, nonché teorico profondo ed attualissimo del significato dell’arte come risulta dai suoi quaderni di appunti che purtroppo per la posterità non sono stati portati a termine in un saggio in quanto l’Artista è scomparso molto prematuramente nel 1968, a soli trentatré anni. Le serigrafie e tempere, nonché gli oli su tela esposti dal figlio Andrea Biban al Bratuž sono di grande impatto emozionale: Composizione grafica 1967, frutto di una ricerca su forme geometriche prevalentemente tondeggianti, a ruota e a stella di raggi, simbolo di avanzamento e progresso, di movimento, di dinamismo, rappresentati con le tonalità vitali del rosso e del giallo: un sole metaforico che si riflette più in profondità in un bagno di sangue e fuoco all’interno del quale in sovraimpressione stanno lettere alfabetiche, come prodotte da una fornace, in emersione dal fuoco o in fusione nel fuoco, un fuoco creativo, quello che anima lo straordinario Artista Luciano Biban.  Visione 1965, donata ai Premi Speciali della III Edizione del Premio Franz Kafka Italia ® ed esposta recentemente alla Mostra di Villa Manin di Passariano, accanto a scritte che riguardano il Centro Friulano Arti Plastiche e brani di annunci di eventi artistici, mostra a caratteri marcati ed in sovraimpressione la lettera maiuscola “A” come iniziale del termine “Arte”, rigorosamente in nero come si conviene all’arte, alla vera arte, alla fantasia artistica prodotta nei circuiti cerebrali più inconsci, come si conviene anche al mantello del demiurgo, del mago capace di prodigi creativi. Un contrassegno, quello relativo a lettere alfabetiche in sovraimpressione, tipico delle composizioni pittoriche di Biban che spesso unisce nelle sue opere figurative attraverso la presenza di lettere dell’alfabeto e di stralci di scrittura il segno del linguaggio, base dell’umano inglobante il figurativo stesso. Struttura 1964 e Composizione in rosso 1963  sono opere che, pur riferendosi al concreto, si presentano come astratte e impostate secondo emozionanti ed anche molto inquietanti paesaggi dell’inconscio. Struttura si mostra complessivamente, ed anche di primo acchito, in una elaborazione semantica più astratta che va al di là della struttura concreta a tinte scure che si riflette in acque torbide. Si tratta di una elaborazione simbolica che si identifica nella non lieta spazialità di una croce nera con qualche squarcio di luce d’oro e qualche macchia di sangue ad indicare il sofferto passaggio da una struttura vitale anche se  tetra – edificio concreto a macchie scure e poco definite che si riflette in acque altrettanto indefinite come a non differenziarsi da esse e a sommergersi in esse – ad altra meno concreta e più simbolica, non più vitale, quella appunto rappresentata nella croce: il nero è colore che prelude a cambiamenti radicali, dove tutto si azzera e si può ricominciare rinnovandosi radicalmente ed è anche colore del lutto e comunque non simbolo di letizia, inoltre il mondo che si intravede nella struttura a croce o dietro essa  come da finestre o fori o porte che lascino scorgere ciò di cui essa è foriera, ciò da cui essa separa e cui essa congiunge quale porta, è un mondo che appare di pura luce, il mondo che si associa per eccellenza nel contesto simbolico rappresentato all’esperienza della vita ultraterrena o comunque all’eternità. Composizione  in rosso mostra costruzioni dai toni rossastri, di un rosso non puro,  ed anche cupi, in decadenza sullo sfondo di una natura oscura, quasi una minaccia di corruzione che si appressi, al limite di margini che si sovrappongono ad una spazialità evocante specchi di acque infide, pericolose, quasi la costruzione sia prossima al dissesto, questo in una visione del mondo che poco lascia ad un facile ottimismo di superficie ed esprime al contrario il travaglio esistenziale, la precarietà e caducità delle opere umane pur tanto sofferte.

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Massimo Totolo è Artista irrefrenabile. Nei ritagli di tempo libero a propria disposizione non si riposa, compone opere d’arte finissima, le sue ruggini. Le sue figurazioni sono leggere come fili di tela di ragno sul metallo, costruzioni fantastiche che congiungono antichi saperi astrologici e mitologici, anche astronomici come la costellazione dell’Orsa Maggiore in una delle ruggini esposte, quella relativa alla Porta Udine con Orsa Maggiore a Gemona, come ad inserire la  vita e l’operosità umana sulla Terra nel più vasto orizzonte dell’Universo. Nelle ruggini di Massimo Totolo la fantasia dell’Artista si posa sul metallo come finissima tessitura di gran pregio. Così Il Vecchio convento di Sant’Antonio a Gemona rivive affiancato e protetto da un cavaliere in armatura medioevale ritratto in movimento, mentre sprona il cavallo, un convento che ora non c’è più in quella forma perduta nel terremoto del  6 maggio 1976, ruggine che si riferisce alla struttura del convento come era prima del tragico evento. Anche il Castello Savorgnan d’Artegna si presenta come suggestiva immagine velata creata dalla mano di Massimo Totolo e così tutte le altre del fitto repertorio dell’Artista propongono trasfigurazioni del reale.

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Giovanni Toniatti Giacometti è Artista poliedrico: pittore, poeta, appassionato pianista di musica classica.  Nella Mostra ha esposto una marina, un paesaggio montano, una mandria di cavalli in movimento libero, due vasi di fiori. La caratteristica di base di tali dipinti è la profonda interiorizzazione della raffigurazione, un’interiorizzazione che comunica pace e armonia, ma anche qualche nota inquieta. La costruzione della Marina gradense , molto armoniosa e ispirante senso di sicurezza e letizia al primo acchito, sembra tuttavia ad uno sguardo più analitico essa stessa galleggiare sulle acque o esserne un riflesso di luce, quasi un costruzione senza materia o rispecchiata nell’acqua, così che diviene una struttura senza fondamenta ed anche irreale, quindi ispirante un senso di destabilizzazione, come a significare una connotazione profonda ed ineliminabile della vita umana che solo si può illudere di poter contare sulla stabilità. Il paesaggio montano assume la sfumatura tipica delle immagini oniriche con le strutture in movimento ed anch’esse connotate da un senso di vicinanza al dissesto, quasi come in un incubo semrpe relativo alla instabilità, di nuovo segno connotante le cose umane se viste al di là della bella superficie. I colori sono comunque sempre tenui ed armoniosi, segno di una visione del mondo pacata che rifugge da tinte accese o violente, da forti contrasti; il tratto del pennello è lieve, adatto ad esprimere mondi che sembrano realistici e che sono in realtà portatori di una  nota irreale, dell’illusorio, dell’evanescente. I cavalli bradi si rincorrono anch’essi leggeri e privi di animalità, restando tutti uniti e formando un elegante e folto gruppo improntato all’essere insieme, come spesso si trova nelle tele di Giovanni Toniatti Giacometti, i cui cavalli di rado son, dal passo leggero e leggiadri nell’estetica generale. I fiori mostrano contorni precisi, forme pulite, toni tenui, non appariscenti, come non appariscente è sempre il mondo interiore di Giovanni Toniatti Giacometti proiettato ed espresso nelle sue tele.

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Alberto Quoco, fotografo d’arte, ha esposto in questa Mostra del Premio Franz Kafka Italia ® al Bratuž sei fotografie d’arte dai titoli suggestivi, in successione da destra a sinistra fino all’angolo del corridoio con due immagini successive: Composizione dinamica, Incorporeo femminile, Rapida di danza in fiore, Grazia di donne, Puro spirito, Dinamica di figure in rosso e blu. Emerge in tali fotografie un dato su tutti gli altri: la trasfigurazione della realtà secondo l’occhio interiore dell’artista  che ritrae la realtà secondo gli schemi più profondi che compongono la stessa nella percezione dell’occhio umano che l’artista riesce ad oggettivare in un’immagine. Di impatto particolarmente incisivo sulla sensibilità è Puro spirito, la quinta fotografia subito dopo l’angolo: le figure umane nei toni del rosso e del blu, complementari, evidenziano la caratteristica immateriale della personalità umana colta nel vortice della danza, del movimento più dinamico, metaforicamente della vita intesa come estetico viaggio nella bellezza e nella potenza, precipuamente la potenza dell’energia spirituale, grazie alla quale la realtà può essere ricreata e modificata secondo i più grandi sogni degli umani. In Rapida di danza in fiore le figure umane dinamicamente impegnate in passi di danza velocissimi vengono a formare forme simili a quelle di fiori colorati che si intrecciano, di raggi di luce colorata che giocano assieme in strutture insolite, luce libera di esprimersi senza il peso della materia.

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Di Avelino De Sabbata colpiscono per eleganza e contenuti simbolici i due laghi, Lago giallo e Lago verde, nel quale ultimo il mondo esterno all’acqua sembra fare tutt’uno con essa e vi si riflette ed intreccia creando un’atmosfera in apparenza leggiadra, non scevra più in profondità da un senso di pericolosità che si individua nello specchio lacustre quasi inglobante la natura al suo esterno la quale si allunga su di esso come attratta dall’abisso. I disegni, due Ritratti di donna, Tronchi e Uccello sul ramo, mostrano un tratto essenziale come è tipico di Avelino De Sabbata  nella scelta dei soggetti: si tratta di soggetti sempre ricchi di significato e mai banali o superficialmente imitativi – l’arte propone sempre significati più o meno profondi secondo la profondità della personalità dell’Artista. I tronchi sono solitari e spogli, essenziali nella loro struttura, suggeriscono la spazialità della tenacia anche nel disagio e della resistenza ad oltranza nel piccolo gruppo, proiettando nell’umano: nel piccolo gruppo familiare che, pur stremato, è sempre e ancora integro, unito nello sforzo di sopravvivere e nell’attesa di una nuova primavera. L’uccellino sul ramo è solitario, emblema di chi sia pronto a fuggire via al primo segnale di pericolo, abituato a doversi difendere da solo dalle avversità e capace di godere della bellezza della vita per i pochi attimi di sosta concessi. I ritratti esprimono interiorità e non solo aspetto esteriore. Anche le tre tele a tecnica mista riguardano donne ritratte nella loro bellezza fisica e nel loro diverso aspetto come segno di adattamento a varie situazioni cui la donna fa fronte nella società dove essa porta bellezza e vita.

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Adriano Velussi è l’artefice delle tre  tele di grandi dimensioni esposte alla I Mostra d’Arte del Premio Franz Kafka Italia ®. Si tratta di dipinti astratti in senso simbolico e prevalentemente allegorico.  Si impone alla vista immediatamente la figura centrale, un cerchio perfetto di diverso colore con forme all’interno, attorno al quale  stanno colori diversi in forme irregolari, metaforicamente come nucleo genetico della vita e come placenta di nutrimento per i nuclei in una forma uterina, in una sorta di grembo. Attorno a tali forme irregolari si espande uno spazio che appare vuoto, come sia un contenitore, e questo sovrappone al microcosmo genetico l’allusione alla spazialità della Terra quale astro sospeso e rotante nel macrocosmo.  Sotto questo punto di vista suggerito dalla Spazialità Dinamica delle immagini, i colori azzurro, oro e verde danno la tonalità simbolica alla vita stessa sia essa racchiusa nel nucleo genetico sia essa rappresentata nella Terra la quale essa sola, per quanto se ne conosce finora, contiene la vita nell’Universo, quasi un metaforico  uovo fecondato. Qualche cenno a qualche simbolismo o significato dei colori specificamente identificabile nel contesto semantico relativo ai tre dipinti di Adriano Velussi che formano una struttura tripartita. Partendo da sinistra guardando le tele, il cerchio azzurro allude alla spiritualità che avvolge la vita al suo sorgere – il manto della Madonna, la madre per eccellenza, è azzurro come il colore del cielo, simbolo dell’alto in senso spirituale, connesso in tal senso alla spiritualità dell’anima, all’immaterialità della stessa, agli ideali più nobili, ossia si tratta di una vita che sorge come cosa più preziosa. All’interno della circonferenza stanno forme umane e naturali di colori tenui, armoniosi, in una visione della vita gioiosa e tranquilla. Nel secondo dipinto cambia il colore della circonferenza che è aureo e cambiano i colori all’interno dell’anello che sono più vivi, più forti. Il colore giallo intenso dell’oro, che irradia intensamente anche lo sfondo, allude al calore e alla luce del sole, anche alla pienezza del potere, alla fase più produttiva e attiva della vita. Nel terzo dipinto il cerchio è verde. Ora il verde è colore particolarmente ambiguo, in quanto è sì il colore della vita come suggerisce l’associazione alla natura al suo nascere, verde con la speranza di vita a ciò collegata, ma è anche per eccellenza il colore della morte: evoluzionisticamente parlando, la carne degli animali morti lasciati sul suolo nel processo della decomposizione diviene verde, anche acceso, ciò che ha funto da base, ormai inconscia dal momento che non si vedono più da lunghissimi tempi cadaveri che putrescono all’aperto, alla simbologia culturale; culturalmente parlando, ad esempio Osiride, divinità egizia della vegetazione e dei morti, ha il volto verde, a significare i cicli della natura che fiorisce e che muore – Osiride è collegato al mondo lunare, sede dei defunti ed è patrono dei morti. Di fatto Osiride domina la natura ed il suo potere rigenerante, ma anche il mondo dei morti, i quali si possono a loro volta rigenerare in una vita dell’oltretomba, a somiglianza della natura nella sua ciclicità di vita e morte nonché rigenerazione. Nel contesto dei dipinti di Adriano Velussi la tonalità del cerchio verde allude, dal punto di vista della simbologia intrinseca naturalmente a tale colore, all’affacciarsi della morte come ultima fase della vita simboleggiata nei dipinti al suo apparire, al suo maturare e al suo declinare, ma anche alla speranza nella rigenerazione post mortem in una possibile vita futura, ultraterrena. Fungono da Leitmotiv in questi tre intensi dipinti di Adriano Velussi, al di là delle ulteriori numerose simbologie ed allegorie, sia la consapevole espressione della parabola della vita terrena, sia la fiducia in una vita spirituale, dell’anima, la quale dopo la morte della materia si continui nel mondo ultraterreno, dell’al di là, in una vita eterna ormai liberata dalla materia come il colore azzurro del nucleo degli inizi della vita alludente alla spiritualità suggerisce. Vita e morte si compenetrano in questi dipinti dalla grande carica emozionale di Adriano Velussi dando spazio ad una concezione spirituale e immateriale del nucleo della vita stessa, che sorge unita all’immaterialità dell’anima, alla sua possibile eternità. I titoli stessi delle tre tele Luce nel cosmo 1, 2, 3, indicano metaforicamente come la vera luce nell’Universo sia portata dalla vita  spirituale.

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Daniela Savini è Artista dal’attualissima e per certi versi anche audace visione del mondo. I suoi dipinti riflettono una visione del mondo articolata e profonda, ricca di fini risvolti simbolici.  Importante tra le ulteriori prospettive artistiche presenti nella sua produzione sono la sua visione sia dell’uomo attuale la cui crisi di valori identitari essa esprime nelle sue tele raffigurando un uomo non più sicuro di sé come un tempo, sia della donna attuale che acquisisce anch’essa nell’opera della Savini  tratti psicologici non più totalmente in linea con il suo passato tradizionale. Nei cinque dipinti che ha esposto in questa I Mostra d’Arte del Premio Franz Kafka Italia ® ci dà un’interpretazione della crisi, diversamente vissuta, in cui si trovano i due sessi, maschile e femminile. Il Senza titolo delle sue opere è perfettamente adeguato a tale situazione di messa in discussione dell’identità dei due sessi, identità proveniente da tempi arcaici non più adatti alla realtà dell’epoca attuale. Vediamo in una delle più sorprendenti tele un volto dai capelli grigio argento con capigliatura per metà di taglio corto maschile secondo criteri della norma borghese da più di un secolo, per metà di foggia rotondamente femminile, così che l’identità del volto stesso è maschile e femminile insieme: un uomo non del tutto maschio, una donna non del tutto femmina, in un avvicinamento dei due sessi quanto a personalità che è tipico del nuovo millennio e forse ormai necessario ed anche dato di fatto ineliminabile. In altri dipinti si vedono uomini con il volto ritratto solo in parte, ossia senza la fronte e gli occhi, occhi che sono quanto più esprime la personalità e l’identità in un essere umano. L’uomo è in camicia senza cravatta, o in maglietta, comunque senza il simbolo fallico per eccellenza che sempre ha portato con orgoglio e che ora sempre più dimentica a casa, quasi non si senta più all’altezza di tale simbolo impegnativo. Oppure il nodo della cravatta è morbido, cascante o visibile solo in una metà, insomma è sempre in discussione. La donna anche ha subito un mutamento nei dipinti della Savini. Nel dipinto esposto nella Mostra si tratta di una donna dalla grande bellezza del corpo femminile e dei tratti del volto, ma nel contempo dallo sguardo determinato, quasi noncurante della bellezza stessa di cui è portatrice, una donna diversa dalla donna del passato, impostata tutta sulla bellezza con cui conquistare un uomo, impostata alla modestia dello sguardo, ma diversa anche dalla donna del presente per come ci viene offerta dagli standard attuali, tutta protesa ad esprimere la propria bellezza senza sguardo modesto, ma pur sempre al servizio del maschio. Non così la donna della Savini: bella ed anche bellissima, ma indipendente dal piacere o non piacere ad un uomo, osservatrice, indagatrice come indica lo sguardo pensoso, improntata a vivere la sua vita liberamente, secondo propri canoni di giudizio, non asservita a niente e a nessuno, ma solo alla propria mente intelligente e al proprio ineliminabile cuore di donna collegato indissolubilmente ai segni somatici della maternità.

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L’arte di Sergio Romano si estende dal realismo all’astratto, in cui si è maggiormente se non unicamente dedicato negli anni più recenti. Ha esposto tre nature morte di piccole dimensioni: Limoni, Susine, Uova, che offrono uno spaccato di vita semplice, improntata all’armonia con la natura e agli affetti familiari, come i frutti e i prodotti alimentari più elementari  esposti sulla tavola indicano. Una visione del mondo che invita a godere delle piccole grandi cose della via, come anche il formato dei dipinti indica. I colori sono pacati, non violenti, nessun contrasto insanabile viola l’armonia del sentire comunicata da questo pittore, la profonda saggezza di vita, i valori intramontabili al di là di qualsiasi vuota appariscenza e apparenza. L’unico strumento è un antico macinino del caffè, uno strumento manuale, non elettronico, uno strumento che comunica quiete, armonia dell’uomo con la natura.

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La pittrice Franca Morandi espone cinque tele con tecnica in acrilico riferibili all’arte aniconica di cui essa, accanto ad altri stili di pittura, è importante esponente. Programmaticamente le tele aniconiche non vogliono riferirsi a forme reali, vogliono lasciarsi alle spalle ogni traccia di figurativo. Ovviamente questo non è possibile in quanto qualsiasi elaborazione per astratta che sia sorge dal contatto, dall’esperienza con la realtà percepibile attraverso i cinque sensi, quindi figurativamente ed anche il significato linguistico più astratto parte sempre dal concreto della figurazione. Una visitatrice presente alla vernice ha chiesto delucidazioni sull’arte aniconica. Per spiegare il più brevemente possibile, in che cosa consista l’arte aniconica e in che cosa consista la precipuità portata dalla Morandi in seno all’arte aniconica, la Mascialino cita gli artisti del Gruppo Zero a Düsseldorf, Germania, sorto nella seconda metà degli anni Cinquanta con la finalità di fare piazza pulita del passato, ossia delle radici che collegano ininterrottamente il presente al passato, a ciò che fu nel passato. Tali artisti propugnano un’arte che non abbia nessun aggancio a quanto sta prima, al figurativo di qualsiasi genere, emblema di ciò il Ruinenatelier degli artisti di tale gruppo, l’Atelier delle Rovine intese come macerie. Si tratta di un’arte della monocromia luminosa, che non dia spazio a nessuna forma. La cosa è impossibile secondo la Mascialino, ma ciò che le preme di sottolineare è che implicita a tale volontà di tagliare ogni cordone ombelicale con il passato sta la più grande distruttività: per farla finita per sempre con qualcosa, occorre distruggere ogni aggancio ad essa, ogni via di comunicazione ad essa, occorre distruggere ciò che non si vuole più,  altrimenti il taglio è illusorio. Ora non è possibile un taglio del genere con il passato individuale e collettivo degli umani. In ogni caso il desiderio di questo gruppo di artisti tedeschi si capisce molto bene inserendolo nella volontà dei tedeschi post nazismo di non avere più sulle spalle il peso morale del loro passato. Anche il nome Gruppo Zero si è preferito in lingua straniera – Gruppe Null esiste, ma è meno frequente – per non rendere troppo evidente proprio la carica distruttiva che il termine Null, zero in tedesco, reca con sé immediatamente, carica sfumata nel termine straniero per un orecchio tedesco. L’arte aniconica di Franca Morandi non possiede nessuna carica distruttiva, mostra invece il desiderio di un filtro tra la personalità della pittrice e la realtà esterna nonché interiore, realtà il cui impatto viene sfumato proprio dalla tensione all’iconicità, come venisse spogliata della sua connotazione più realistica. I sentimenti, per come suggerisce l’arte della Morandi, vanno controllati fino diventare più schermati, così che non debbano fare male. La pittrice ha anche quadri pieni di passionalità, ma nell’arte aniconica che qui espone, tranne che parzialmente nel quadro dalle tinte rosse che colpisce la vista con la sua intensità, domina comunque di più il filtro, che stacca la memoria dal passato, dalla sofferenza legata al passato, anche dalle gioie più intense.

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L’imponente Trittico Nuovi paradigmi e nuove visioni della pittrice Katia Gori, raffinatissimo nell’esecuzione, dal titolo Nuovi paradigmi e nuove visioni dà uno scorcio importante della visione del mondo intrinseca all’artista in questa opera. L’estrema eleganza dei colori più tenui e della essenzialità e quasi evanescenza delle forme nella composizione colpisce di primo acchito su tutto il resto, ma la risonanza semantico-emozionale dell’opera, trasportata dal tratto stilistico non solo in superficie, ma anche nelle strutture profonde, meno immediatamente consapevolizzabili, dice all’analisi del significato molto di più. I colori si sfumano dal bianco in qualche tonalità di grigio e di noce chiaro. Si vedono alcuni tronchi quasi del tutto spogli con la corteccia corrosa in qualche loro parte, soprattutto emerge una lacerazione rossa sotto la corteccia bianca che evoca il parallelo con l’umano: la ferita è rosso sangue e si trova circa a metà del tronco di mezzo e traspare anche nel tronco a destra, una ferita al cuore con scarso effluvio di sangue, controllata affinché non divenga mortale pur essendo stata inferta nella zona più delicata della struttura fisica metaforicamente sede dei sentimenti. Più in alto nel tronco di sinistra guardando il Trittico si individua una sfera azzurra, come una bacca grossa che appare appesa al nudo tronco, più in basso nel tronco a destra riappare la sfera azzurro pervinca. Ora il colore azzurro evoca spontaneamente il cielo con tutte le sue simbologie connesse all’alto, spiritualità, sentimenti fini e positivi, speranze di belle cose. Se si guarda il Trittico da sinistra a destra, la sfera azzurra è in alto nel tronco laterale e attraverso la lacerazione centrale ricompare in basso nel tronco a destra. Se si guarda il Trittico da destra a sinistra, la sfera azzurra sta in basso e attraverso la lacerazione centrale si ripresenta più in alto nel tronco a sinistra. Nella prima Spazialità Dinamica (Mascialino 1996 e segg.)  la sofferenza dovuta alla lacerazione deprime, abbatte, anche se non distrugge la spiritualità, l’energia della mente. Nella seconda Spazialità Dinamica la sofferenza dovuta alla lacerazione fa salire la qualità della spiritualità come mostra la sfera azzurra più in alto nell’altro tronco. Il modo consono di leggere il Trittico è quello che vede le due visioni organicamente, prima la visione da sinistra a destra e poi la visione di ritorno, da destra a sinistra, le quali entrambe si rafforzano ed hanno bisogno l’una dell’altra: dapprima l’abbattimento, la sofferenza, poi la rinascita dovuta proprio alla sofferenza e la spinta in alto nel gioco infinito della spiritualità umana, dei più fini sentimenti umani, il tutto in una struttura che disegna impercettibilmente una croce o croci. Nell’ambito del significato profondo che comunica quest’opera d’arte il titolo del Trittico Nuovi paradigmi e nuove visioni si riferisce specificamente al mutamento della visione del mondo dovuto all’esperienza, in particolare all’esperienza del dolore. La tenuità del colore si riferisce al controllo delle emozioni, della sofferenza, vissuta nell’intima verità del proprio cuore senza scoppi esteriori o espressioni violente, appariscenti.

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David Faganel, l’architetto laureato a Lubiana, Slovenia, che ha condotto la ristrutturazione del Teatro Kulturni Center Lojze Bratuž, è pittore di intense emozioni. Ha esposto sei splendidi dipinti ad olio, la tecnica preferita  in cui Faganel esprime al meglio la sua personalità, capace di lavorare per il migliore anche se laborioso risultato. Nella terna Rosso di fiori carsici, Petali in rosso e Rosso in  tramonto i rossi esplodono non solo come omaggio alla natura carsica, ma anche significano metaforicamente l’energia dell’Artista, quasi un effluvio magmatico che sorge dal profondo della creatività più originaria e si estende e si individua nelle pennellate che ritraggono ciò che ci attornia, l’ambiente fiorito, il tramonto infuocato di luci e di riflessi, di oscurità squarciate da spaccati di porpora, come tutto parlasse di energie in tumulto, del cielo, della terra, delle viscere sotterranee che paiono sulla tela in dinamico moto che si ricongiunge con le nubi basse arrossate anch’esse sia dai raggi del sole tramontante sia da bagliori di lave concrete e metaforiche che si fanno sentire dal sottosuolo come richiamate dal rosso dei raggi calanti. Il paesaggio Tetti di Parigi mostra realisticamente ed in primo piano la vicinanza stretta, l’ammasso delle case in un quartiere della metropoli, quasi come un pendant opposto alla libertà che viene vissuta dal pittore ritraendo la natura priva di costrizioni e magnificamente adatta ad esprimere in assonanza il suo sentire vulcanico.

                                                                                                                                                                                     RM

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Il pittore Andrej Kosič ha sperimentato le più varie tecniche, ma torna sempre alla sua tecnica preferita, quella relativa all’acquarello che per la levità dei colori ad acqua e varietà di sfumature delle tonalità esprime al meglio l’ipersensibilità dell’Artista. I tre acquarelli in colori tenui ritraggono il Crepuscolo sul Collio e i Pini Odoranti con le tinte dell’autunno, gialle e rosse su sfondi chiari. Il terzo, simile nell’armonia dei colori, si  intitola Sommacco sei qui, ad indicare come l’Artista voglia quasi imprigionare la natura nei suoi dipinti, una natura che sta nel suo cuore e di esso porta la sfumatura sensibile, una natura il cui amore l’artista si proietta nel tipo di pittura, delicato e sognante come a non voler sciupare l’impressione ricevuta dalla natura nella propria personalità, come a voler preservare l’impronta e memoria affettiva di una natura tanto amata e sentita nella sua anima. Le foglie sui rami sono come una pioggia leggera di colori con cui il pittore riveste la natura ritraendola secondo l’impressione che ne ha il suo spirito. Si tratta di paesaggi di un impressionismo realistico, ma anche e soprattutto di paesaggi che parlano di fantasia, della fantasia di Andrej Kosič, della sua visione del mondo, della vita, della sua capacità di godere della bellezza della natura che sa esprimere nelle sue opere enfatizzandola.

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Ada Renza Modotti è fine pittrice di atmosfere naturali ed interiori che comunicano un sereno e sensibilissimo sentire. La sua arte è caratterizzata da uno stile essenziale espresso in paesaggi e fiori dalla pennellata e dai colori delicatissimi. La sua Campagna friulana e la sua Marina gradense ritraggono due paesaggi locali con una pennellata sapiente e leggera. Domina nelle due tele una natura dalla spazialità vasta, solitaria, ma che mostra implicitamente la mano dell’uomo, i prati sono curati, non inselvatichiti, le vele parlano del viaggio umano, rispettivamente: parlano dell’amore per la vita tranquilla, stanziale e per il desiderio di vedere e vivere cose nuove, diverse. Un dettaglio importante delle barche a vela: si tratta di vele non equipaggiate per viaggi avventurosi e audaci, sono piccole imbarcazioni adatte in particolare a solcare mari non troppo distanti dalla terraferma, adatte soprattutto a solcare sereni mari di sogno più che quelli concreti e burrascosi, i mari della fantasia artistica, del modo di vedere la vita a disposizione della raffinata pittrice.

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CURRICULA DEGLI ARTISTI (ordine alfabetico) E OPERE

I MOSTRA D’ARTE DEL PREMIO FRANZ KAFKAITALIA ®

 

1.Luciano Biban, nato a Venezia, visse e operò in Friuli, a Udine, nella seconda metà del Novecento. Fu allievo della Scuola di Arti e Mestieri Giovanni da Udine, dove divenne successivamente assistente. Fu pittore di intenso impatto emozionale e simbolico, designer di spicco nel mondo della grafica pubblicitaria ed artistica, nonché ideatore di noti logotipi nell’ambito industriale italiano. Di importante significato sono le sue riflessioni sull’arte conservate in quaderni di appunti, vere e proprie riflessioni di teoria dell’arte che mostrano straordinaria attualità oltre che capacità di penetrare in profondità nell’argomento e che l’artista stava elaborando per la pubblicazione. Insignito nel 1961 della Medaglia d’Argento presso il Centro Friulano di Arti Plastiche, di cui decorre il Cinquantenario nell’anno in corso, ha conseguito numerosi ulteriori riconoscimenti e premi prima di morire prematuramente, a soli trentatré anni, tra cui il Primo Premio ‘Stella Mattutina’ per pittori nel 1963 a Gorizia. L’opera Visione 1965, donata ai Premi Speciali della III Edizione 2013 del Premio Franz Kafka Italia ®, è stata di recente esposta e utilizzata come testimonial della Mostra presso la Villa Manin di Passariano.

-Tempera su tela, serigrafia Composizione grafica 1964

-Tempera su tela Struttura 1964

-Tempera su tela, serigrafia Visione 1965

-Olio su tela Composizione in rosso 1963

 

2.Avelino De Sabbata è nato a Pozzuolo del Friuli (Udine) dove risiede. La sua produzione comprende dipinti ad olio ed acquarelli, ma la sua passione primaria è stata ed è da sempre il disegno dove eccelle in modo particolare. Soprattutto sono famosi  i suoi disegni relativi alla figura umana e ai ritratti, in cui la sua maestria penetra nella personalità per come essa traspare dalle posture del corpo e dall’espressione del volto. Più di recente si è dedicato alla sperimentazione artistica attraverso la computergrafica dove pure ha raggiunto posizioni ragguardevoli. Espone in molte mostre collettive e personali ed ha ottenuto molti primi premi. È fondatore e presidente dell’associazione culturale Quadrante Arte.

-Lago verde

-Lago giallo

-Ritratto femminile 1

-Ritratto femminile 2

-Uccello sul ramo

-Tronchi

-Ragazza d’Argentina

-Serena

-Figura di ragazza

 

3.David Faganel è nato a Trieste, vive ed opera a Gorizia. Figlio d’arte – il padre è pittore e musicista – , è architetto con laurea conseguita a Lubiana e varie specializzazioni in architettura conseguite non solo a Lubiana, ma anche in Canada a Toronto. È l’architetto artefice della ristrutturazione del Kulturni Center Lojze Bratuž, ampio e suggestivo Teatro sede di eventi culturali sia regionali che nazionali ed internazionali di grande rilievo, provvisto di splendidi spazi per Mostre di Arti Visive. È pittore che espone in numerose mostre collettive e personali sia in Italia che all’estero con preferenza di pittura ad olio su tela, una tecnica in cui riesce al meglio ad esprimere il mondo che la sua sensibilità gli mette a disposizione. Soprattutto emerge nei suoi dipinti il suo amore per la natura, in modo particolare, anche se non solo, per i paesaggi del Carso.

-Rosso di fiori carsici

-Petali in rosso

-Rosso in  tramonto

-Tetti di Parigi

 

4.Annamaria Fanzutto è nata a Buja (Udine), dove risiede e ha esercitato la professione di insegnante. Ha frequentato il laboratorio di Enore Pezzetta e di Maria Forte per l’arte del disegno, del modellaggio e della decorazione della ceramica, ha frequentato corsi in Italia e in Austria. È scultrice di fama ed anche acquarellista rinomata, anche pittrice su tela. Ha esposto in numerose mostre collettive e personali. Le sue opere, che mostrano maestria nelle tecniche e forte carica simbolica, si trovano in varie collezioni private e pubbliche.

-Dittico di scultura a ingobbio e acrilico su tela Dalla Terra al Cielo

-Dittico di scultura e acrilico su tela Non solo rose

5.Katia Gori è nata a Udine, dove risiede. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna e diplomata in Arte della Grafica Pubblicitaria all’Istituto Statale d’Arte di Udine, si è poi specializzata alla grafica al computer negli Stati Uniti, conseguendo il Master post-universitario con indirizzo “computer art” e “pittura”, alla School of Visual Arts di New York e nello stesso periodo ha partecipato a mostre collettive e personali in numerose gallerie di Manhattan.
Già Art Director alla casa discografica Expanded Music, dove ha firmato numerose copertine di dischi di ambito internazionale, e già docente di Educazione Artistica presso la Scuola Media di Primo Grado, dal 2003 insegna progettazione grafica all’Istituto Statale d’Arte di Udine.
Ha partecipato a numerose rassegne d’arte moderna di carattere nazionale ed internazionale. I suoi astratti dallo stile elegante e raffinato sono carichi di risonanza semantico-emozionale e mostrano spaccati importanti della visione del mondo dell’artista.

-Trittico Nuovi paradigmi e nuove visioni

 

6.Andrej Kosič  è nato a Rupa in Croazia. Il suo percorso artistico si riferisce sia al realismo del 1800 quando già si scostava dal realismo classico, sia in primo luogo all’impressionismo, con momenti di espressionismo. Ha sperimentato e sperimenta sempre nuove tecniche, ma la sua preferenza va alla pittura ad olio su tela e soprattutto all’acquarello, particolarmente adatto quest’ultimo ad esprimere le sensazioni più fuggevoli e lievi messe a disposizione dalla sua abile mano d’artista. Gli interessano in primo luogo i paesaggi, i fiori, i campi che esplodono di colori, scorci di abitati, il tutto facente capo ad una visione del mondo in cui la sua ipersensibilità emerge in primo piano assieme alla presenza di forti sentimenti vissuti sempre entro la misura data dal senso estetico più fine.

-Acquerello  Crepuscolo sul Collio

-Acquerello  Pini odoranti

-Acquerello  Sommacco sei qui

 

7.Franca Morandi vive e lavora a Udine, espone in varie mostre collettive e personali in Friuli Venezia Giulia. È esponente ragguardevole dell’arte aniconica ed è impegnata nella ricerca di nuove tecniche di espressione in materiali diversi.

 -Fantasia aniconica 1

-Fantasia aniconica 2

-Fantasia aniconica 3

-Fantasia aniconica 4

-Fantasia aniconica 5

 

8.Ada Renza Modotti è nata a Udine, dove risiede. Ha alle spalle diverse mostre collettive e personali in varie città nazionali. La sua arte è caratterizzata da uno stile essenziale espresso in paesaggi e fiori dalla pennellata e dai colori sempre delicatissimi.

-Campagna friulana

-Marina friulana

 

9.Alberto Quoco  è nato a Udine, dove risiede ed opera. È fotografo d’arte e conta numerose ed importanti mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Ha conseguito moltissimi e prestigiosi primi premi nazionali ed esteri. Sue fotografie d’arte sono esposte stabilmente in musei ed anche alla Artist’s Gallery di New York. Sue opere sono presenti in molte collezioni pubbliche e private. È noto in particolare per i contenuti simbolici di cui riveste il reale fotografato con tecniche particolari, tra cui anche la tecnica della fotografia agli infrarossi in cui ottiene risultati semantico-emozionali sorprendenti, inoltre per le sue fotografie realizzate ed elaborate con complessi giochi di luce che trasfigurano il reale fino all’astratto.

-Composizione dinamica

-Incorporeo femminile

-Rapida di danza in fiore

-Grazia di donne

-Puro spirito

-Dinamica di figure in rosso e blu

 

10.Sergio Romano è nato a Roncade nel trevigiano e vive a Domanins, frazione di San Giorgio della Richinvelda in provincia di Pordenone. È pittore e mosaicista diplomato alla importante Scuola Mosaicisti di Spilimbergo. È stato allievo di Fred Pittino. Partecipa da sempre a importanti mostre nazionali ed internazionali personali e collettive. È pittore di impronta impressionista e realista e sa esprimere nei suoi dipinti grazie alla padronanza delle tecniche classiche del disegno e del colore forti sentimenti e complesse simbologie come mostrano i suoi ritratti, i suoi paesaggi e le sue nature morte ricche di significati simbolici. È noto per la sua ricerca nell’ambito dell’astratto cui si dedica già da tempo in misura sempre maggiore.

-Natura morta Limoni

-Natura morta Susine

-Natura morta Uova

 

11.Daniela Savini  è nata a Teramo e vive a San Giorgio di Mantova. È dottore in Conservazione dei Beni Culturali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Parma. Ha conseguito il Diploma di Archivistica, Paleografia e Diplomatica presso l’Archivio di Stato di Mantova. Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero. I suoi dipinti riflettono una visione del mondo articolata e profonda, ricca di fini risvolti simbolici. Importante tra le ulteriori prospettive artistiche sono la sua visione sia dell’uomo attuale la cui crisi di valori essa riflette nelle sue tele raffigurando un uomo non più sicuro di sé come un tempo, sia della donna attuale che acquisisce anch’essa nell’opera della Savini  tratti psicologici non più totalmente in linea con il suo passato.

-Senza titolo 1

-Senza titolo 2

-Senza titolo 3

-Senza titolo 4

-Senza titolo 5

 

12.Giovanni Toniatti Giacometti vive ed opera a Latisana. È artista pittore, poeta, musicista. La sua ampia e celebre Galleria ‘La Cantina’ a Latisana accoglie importanti mostre di arte visiva nonché di ambito scientifico, in particolare archeologico, come pure ospita presentazioni di opere letterarie. Nella sede estiva della sua Galleria ‘La Casa Gioconda’ a Bevazzana organizza mostre e presentazioni di opere letterarie all’aperto. Ama ritrarre la realtà che lo circonda, fiori, scorci di città, cavalli e paesaggi nei quali fa emergere un’atmosfera interiorizzata. Partecipa a numerose mostre collettive e personali in Italia all’estero.

-Fiore rosso

-Neve in montagna

-Marina gradense

-Cavalli bradi

-Fiori in azzurro

 

13.Massimo Totolo è nato ad Artegna (Udine), dove risiede. Progetta e realizza case tradizionali ed inoltre ecologiche in legno a Magnano in Riviera, ma è anche fine artista che produce ruggini e graffiti su metallo ispirati ad antiche mitologie, a costellazioni astronomiche, ad antichi spaccati di città e paesi, nonché a forme astratte, il tutto carico di simbologie espresse nelle composizioni  più estetiche e sognanti.

-Ruggine Castello Savorgnan d’Artegna

-Ruggine Porta Udine con Orsa Maggiore – Gemona

-Ruggine Il vecchio convento di Sant’Antonio – Gemona

 

14.Adriano Velussi è nato a Gorizia, dove risiede. Ha alle spalle finora molte mostre personali in Italia, in Slovenia ed in molte città estere, nonché moltissime esposizioni collettive. I suoi temi di interesse convergono sia sul paesaggio e sulle figure umane, sia sul mondo dell’astratto in cui la sua creatività artistica si è soprattutto concentrata e si individua attualmente. Un ambito preferenziale tra gli altri, non unico, è l’ambito simbolico a sfondo religioso, specificamente cristiano e cattolico dove raggiunge vere e proprie vette artistiche.

-Luce nel cosmo 1

-Luce nel cosmo 2

-Luce nel cosmo 3

 

                                                                                                                                   Rita Mascialino

 

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