RASSEGNA PREMIO 2015 e RECENSIONI SCRITTORI E ARTISTI
ACCADEMIA ITALIANA
PER L’ANALISI DEL SIGNIFICATO DEL LINGUAGGIO ‘MEQRIMA’
RASSEGNA PREMIO LETTERARIO NAZIONALE
‘FRANZ KAFKA ITALIA ®’
e RECENSIONI SCRITTORI E ARTISTI
V Edizione 2015
Celebrazione Teatro del Kulturni Center Lojze Bratuž
Gorizia, Viale XX Settembre n. 85
sabato 10 ottobre, h 17.00
Servizio Fotografico Studio Pier Luigi Bumbaca, Gorizia, Via delle Monache 11
Brindisi finale Pasticceria Centrale Visentin, Gorizia, Via Giuseppe Garibaldi 4
NOTA BENE
Per i Curricula degli Artisti vedi Rassegna e Recensione III Mostra Premio 2015 nel sito stesso
Scorci del Teatro e del palcoscenico prima dell’inizio della celebrazione. In esposizione l’opera d’arte del pittore Oscar Francescutto Notte di Luna.
Rita Mascialino, Presidente dell’Accademia e del Premio, dà avvio alla celebrazione del PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione 2015 con i ringraziamenti per l’efficientissima collaborazione alla Presidente del Kulturni Center Lojze Bratuž prof.ssa Franka Žgavec, alla Segretaria Generale Tamara Kosič e al Tecnico del Teatro per la regia, le luci e l’audio David Vizintin. Ricorda il grande compositore e musicista sloveno Lojze Bratuž martire degli omicidi perpetrati dai fascisti, al quale è intitolato il Teatro a perenne memoria. Cita infine l’architetto sloveno David Faganel quale artefice della splendida ristrutturazione del Teatro oltre che pittore di grosso calibro.
Massimiliano Boscolo è incaricato della consegna delle opere assegnate.
Come ad ogni Edizione del Premio, Rita Mascialino introduce la celebrazione con una breve conferenza relativa a Franz Kafka come scrittore e come uomo. L’argomento della V Edizione riguarda il tropo dell’ironia tattica presente ovunque nelle opere di Franz Kafka e anche nel suo disegno Il Fiorettista in cui esso si riflette figurativamente.
Rita Mascialino mentre tiene la conferenza su Franz Kafka.
Scorci del pubblico.
Quindi la Presidente dà inizio alla premiazione presentando Scrittori ed Artisti con breve curriculum di ciascuno e con sintesi del significato di ciascuna opera qualificata degli Scrittori e di ciascuna opera donata dagli Artisti. Ha inizio la Premiazione.
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***Sezione ROMANZI***
–Valeria ONGARO, (2014) I giorni a venire. Viareggio LU: Giovane Holden Edizioni. Primo Premio. Recensione di Rita Mascialino Valeria ONGARO
Opera assegnata: Oscar Francescutto, Notte d i luna piena.
Rita Mascialino, (2015) Oscar Francescutto: Notte di luna piena. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: acrilico su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Il dipinto di Oscar Francescutto Notte di luna piena (acrilico su tela) è, come sempre in questo pittore metafisico, di forte impatto simbolico come è contrassegno per altro, seppure in modo più o meno accentuato, dell’arte in sé. Rappresenta in primo piano una donna che spicca per il colore bianco del suo corpo in sintonia con la tonalità della luna, sua compagna nell’uscita notturna. Della luna non si individuano i crateri, così come non si individuano gli occhi nel volto della donna, che ha orbite bianche come il corpo e la luna. Questo tratto di somiglianza tra i due volti per così dire pone donna e luna nel più stretto contatto e soprattutto pone la donna in assonanza con la notte che è regno lunare. Non si può vedere la realtà al buio e perciò non servono occhi che vedano all’esterno, bensì, se si entra nell’oscurità, servono occhi che vedano il buio, dentro al buio, occhi pertanto che siano in grado di vedere l’invisibile, eminentemente gli oscuri mondi psichici, visione cui la donna del dipinto pare essere particolarmente adatta. Alle finestre, dietro i vetri, stanno figure di altre donne in varie stanze, donne come anima della casa, come le custodi della vita all’interno di essa, quasi come in un tempio, il tempio della vita nel quale gli uomini, pur implicitamente presenti, non appaiono, come ne siano esclusi, come non ne siano i padroni. La presenza importante della luna nella medesima cromia del corpo e del volto della donna che sta in primo piano, la mancanza di occhi nel volto per vedere la realtà esterna, l’uscita nella notte senza poter vedere danno all’immagine significati solo simbolici e non realistici: la donna ha disceso le scale della sua abitazione – o ella sua personalità –, non per vedere qualcosa di concreto – per questo le mancano simbolicamente gli occhi –, ma per vedere nel buio con occhi interiori, per fare un bagno di raggi lunari a rafforzamento dei propri poteri spirituali, della propria capacità interiore di essere in contatto con le energie della natura notturna accompagnate dalle forze di attrazione della luna, una donna partecipe della massima creatività a livello intuitivo, oscuro come lo è il luogo da cui sorgono le intuizioni. La luna, oltre ad essere simbolo di vita per la donna, è anche, sempre in sintonia con la simbologia intrinseca alla donna da tempi arcaici, simbolo di morte per le sue fasi alterne che terminano con la sua sparizione per poi riprendere vita ciclicamente. In assonanza con tale simbologia stanno i simboli espressi nelle due targhe di pietra ai muri della casa. Tali simboli di dechirichiana memoria, elaborati liberamente da Oscar Francescutto nel contesto di questo complesso dipinto, mostrano come riferimento di centrale importanza il segno della serpe, un simbolo di energia inconscia e di antichissima sapienzialità femminile – ricordiamo che anche nel mito di Adamo ed Eva il serpente tenta Eva con il frutto dell’albero della conoscenza, non Adamo. La serpe si origina nel profondo della terra in cui si cela per il sonno invernale e nelle cui grotte ombrose e umide dimora assieme all’antica e grande Dea Madre, rappresentazione divina della donna madre della vita e signora della morte, simbolo femminile cui il serpente è strettamente collegato nella sua capacità di trasformazione, generazione e rigenerazione come indica la muta della sua pelle. Le scale che la donna ha alle spalle sono serpentine, associate ai simboli espressi nelle targhe, come se la donna di Francescutto fatta di luna fosse scesa sulla scia di una simbolica serpe ad essa amica nella sua simbologia fondamentale, donna fatta di luna in quanto del medesimo colore della sua luce e con i capelli neri che si confondono con l’oscurità come l’altra faccia lunare nascosta e nera dotata dei significati metaforici accennati. Anche in quest’opera, che è un inno alla donna, alla sua personalità, compare la spazialità dell’arco come passaggio di vita e di morte consueto nell’opera di Oscar Francescutto. Particolarmente suggestivi sono i chiaroscuri che occhieggiano in tutta la tela e connotano il mistero che attornia la donna e il suo rapporto con la natura notturna, con l’ombra, con la presenza lunare, con la serpe. Grazie alla padronanza della tecnica del disegno e del colore Oscar Francescutto è riuscito anche in questo dipinto ad esprimere quanto il suo inconscio d’artista gli suggerisce guidandogli la mano sul piano estetico, così che attraverso la sua arte dà forma a mondi interiori fatti di significati che è bello poter conoscere e di emozioni che è bello provare dentro di sé.” RM
Valria Ongaro è docente in Lettere e Formatrice, consulente presso vari Enti, esperta nella valutazione di apprendimenti e di sistema, testing, didattica delle lingue, didattica del testo, uso di tecnologie avanzate nella didattica del testo. È scrittrice di romanzi.
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–Lorenzo VERCELLINO, (2015) Jailbait – l’esca. Secondo Premio. Recensione di Rita Mascialino Lorenzo VERCELLINO
Opera assegnata: Gina Gressani, Maschera, pittrice. Recensione di Rita Mascialino
Rita Mascialino, (2015) Gina Gressani: Maschera, Ballerina, Cavaliere Medioevale. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opere donate: acrilico su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Il dipinto in acrilico su tela di Gina Gressani Maschera ritrae una maschera femminile quale elaborazione di una bautta, particolarmente sinistra per la sua associabilità ad una raffigurazione tradizionale della morte e per altro le maschere in sé sono sempre più o meno sinistre per il semplice fatto che mascherano quanto sta sotto di esse e spaventano quindi già per questo, ma la speciale realizzazione di Gina Gressani ne fa simbolo sul piano dell’arte che va oltre la raffigurazione di una maschera qualsiasi. Iniziando dal cappello della maschera, esso è una libera interpretazione a linea curva del tricorno ed è dinamicamente movimentato, non chiuso e compatto come l’originale angolato. I coriandoli sparsi ovunque sul cappello e lateralmente in caduta appaiono ad un primo sguardo come connotazione del Carnevale, mentre sul piano simbolico più profondo, uniti al copricapo foggiato sulla scia di orbite astrali in movimento, appaiono quali mondi ruotanti attorno come se la maschera speciale fosse collocata negli spazi dell’Universo, mentre i colori primari di cui si compongono alludono alle infinite possibilità intrinseche alle cromie di un mondo in maschera. Un particolare molto interessante è dato dalla presenza di orbite nere – non paiono esserci occhiali scuri sovrapposti – nelle quali non si intravedono neppure vagamente gli occhi della persona, orbite che sono raffigurate vuote, mentre la bocca e anche il naso del volto paiono veri, fuori dalla maschera che si suppone di cartapesta visti i contorni netti e ossuti che assume nella mandibola. Si tratta di una maschera che si confonde in ogni caso con il volto reale della donna la cui mancanza di occhi nelle orbite inquieta in quanto in tal modo non si spiega come la bocca e il naso siano o sembrino realmente umani. Sotto questa angolazione risulta che anche bocca e naso facciano parte della maschera a copertura di quanto stia sotto la stessa, una maschera dunque che in parte è la bautta di cartapesta e in parte è un volto umano simile al vero, ma non vero, un volto che è esso stesso maschera, mentre la mancanza di occhi nelle orbite risulta essere paradossalmente la verità celata al di sotto, ossia il nulla fisico. Orbite nere e vuote che paiono essere la verità nascosta sotto la maschera umana e semiumana e tuttavia vedono – la maschera è indossata, quindi adatta a permettere il movimento di chi sta al di sotto – danno alla maschera di Gina Gressani la speciale mistura di tratti della vita e della morte simboleggiata dal nulla che sta dietro la maschera. In altri termini: chi si celi sotto una maschera che a prima vista può sembrare una normale maschera carnevalesca, ma in realtà è una maschera che vede senza occhi ed appare come un non vivente travestito da vivente, può essere appunto per eccellenza Leitmotiv della raffigurazione della morte mentre si mescola travestita da donna alle altre maschere, alla vita, ovunque in agguato sotto mentite spoglie. Molto suggestiva al di là della prima impressione questa tela di Gina Gressani, che ha dato in essa uno scorcio della sua visione di vita e morte come una festa di Carnevale con l’assassino mascherato in bellezza e per altro la morte nell’arte si fa in ogni caso bella ed emozionante sul piano estetico. In Ballerina il volto è dolce nei tratti e nell’espressione – la Gressani è valente ritrattista in particolare –, la danzatrice mostra nelle linee dinamiche che ne compongono il tutù i moti della danza classica che la connotano come leggerissimi veli di colore bianco e azzurro a somiglianza dell’aria e del cielo che funge anche da sfondo, veli in veloce rotazione come la fanciulla stesse danzando, ciò in contrasto con il volto quieto fermo in un sorriso appena accennato. La ballerina risulta dunque punto fermo del vortice di moti che sprigiona il suo corpo come avesse perso peso e acquisito levità per divenire pura espressione immateriale come nel sogno più estremo e sofferto di tutti gli umani di acquisire vita nello spirito, sogno su cui essa pare sorridere con malinconica sapienza, consapevole del gioco della finzione scenica, del ballo. Nel dipinto Cavaliere Medioevale Gina Gressani raggiunge una vetta della sua pittura. Il cavaliere, inondato dai riflessi della sua armatura che appare sprigionare raggi dorati anche al suo esterno, brandisce temibilmente in alto lo spadone mentre sta per menare il colpo mortale sul nemico. La luce d’oro tutt’intorno al cavaliere enfatizza l’azione di dare la morte rendendola quasi regale e sacrale – il giallo non è colore comune alle armature, mentre è il colore dell’oro, adatto ad esprimere la qualità e il valore della regalità. Il volto è chiuso e nascosto nella celata e anche qui si deve dire che la pittrice Gina Gressani ha dato un tocco in più di misteriosità a questa figura di guerriero del cui corpo si intravedono solo parti nella luce, mentre altre quasi scompaiono nella rapidità dei movimenti che accompagnano l’azione. Il momento del colpo mortale, come anticipato, avvolto nella luce d’oro e quasi trasfigurato in essa, appare come quello di un giudice superiore, un giudice che compia atto di giustizia e non semplice azione guerresca – ricordiamo che spesso la morte stessa viene raffigurata nell’arte del passato, specificamente medioevale, come cavaliere. Molto dinamica la figura del cavallo colto mentre frena i suoi moti al comando del cavaliere che assume con ciò la stabilità opportuna per dare la maggiore energia al suo colpo. Dipinti molto suggestivi che vivono non solo di un realismo impressionistico come stile tipico di Gina Gressani, ma anche di profondo impatto simbolico, come altrettanto tipicamente nella pittura di questa Artista.” RM
Lorenzo Vercellino è avvocato. È scrittore di romanzi.
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–Simone BOCCI, (2015) Devi avere paura di te. Roma: Armando Curcio Editore. Terzo Premio. Recensione di Rita Mascialino Simone BOCCI
Autore assente.
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Premi Speciali della Giuria:
–Daniela BIANCOTTO, (2014) Solo una madre per finta – Storia di un’adozione. Roma: Gruppo Albatros Il Filo. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Daniela BIANCOTTO
Opera assegnata: Alessandra Modotti, Unione, fotografa d’arte.
Rita Mascialino, (2015) Alessandra Modotti: Unione. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: fotografia d’arte: Recensione di Rita Mascialino.
“La fotografia d’arte in bianco e nero di Alessandra Modotti Unione presenta un gruppo familiare formato verosimilmente dal padre, dalla madre e dal figlio mentre guardano, di nuovo verosimilmente, il mare – non pare si tratti di una campagna, almeno dal contesto generale della fotografia, del percorso e dal tipo di ringhiera, dall’orizzonte vuoto di ogni immagine. La fotografia è realistica come tutte le fotografie d’arte della Modotti, non vi è uso di Photoshop e di altre tecniche particolari, vignettature e simili, ma sappiamo che l’arte si esprime anche nella semplicità delle immagini in quanto proietta, a prescindere dalle più varie tecniche, sempre e solo la personalità dell’Artista, la sua visione conscia e inconscia della vita, di ogni cosa e questa può essere di genere realistico o astratto o denominato variamente, ma sempre inerisce appunto alla personalità dell’Artista. Nel caso della fotografia realistica il fotografo sceglie le inquadrature che gli piacciono da esse attratto perché rappresentano uno scorcio del suo mondo interiore che egli vede, con il suo occhio conscio e inconscio, riflesso e proiettato nella realtà che lo attornia. In questa fotografia la cosa più interessante è il fatto che le tre persone sono colte in un attimo di sosta e di contemplazione durante il loro cammino di cui si vede una larga curva con pavimentazione suddivisa in tanti percorsi più stretti che danno l’impressione di viaggi esistenziali condotti dagli umani in solitudine, ciascuno separato dagli altri e per altro la rotonda appare come un circolo vizioso, senza via di uscita in un ciclo che termina e ricomincia in un moto eterno. Le persone adulte in controluce appaiono come figure del tutto nere, mentre il bambino è distinto da un colore chiaro: da una parte la vita che ha già oltrepassato il tempo della fioritura e non sboccia più, dall’altra la vita ancora fiorente chiara nella luce come un tenero fiore. La luce dunque portata dal piccolo la cui vita è ancora agli inizi, mentre i due adulti sono già quasi ombre. Lo spazio davanti ai loro occhi è vuoto di persone e di cose umane, solo il vasto mare e il cielo dominano, la ringhiera è l’unico baluardo contro le acque, la casa antica che attende metaforicamente il ritorno degli umani.
Così nello scorcio di vita colto dallo scatto di Alessandra Modotti.” RM
Daniela Biancotto è dottore in Pedagogia con Specializzazioni in insegnamento di sostegno e insegnamento a non vedenti e non udenti, è docente di sostegno nella Scuola Media. È scrittrice di romanzi.
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–Pier Pietro BRUNELLI, (2015) L’uomo nero ha ucciso Cassandra. Milano: Edizioni Albedo – Lulu: Illustrazioni di Claudio Ceriani. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Pier Pietro BRUNELLI
Opera assegnata: Daniela Savini, Nell’ombra, pittrice, incisore, scultrice.
Rita Mascialino, (2015) Daniela Savini: Nell’ombra. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: incisione a puntasecca. Recensione di Rita Mascialino.
“L’incisione a puntasecca di Daniela Savini L’Ombra rappresenta un uomo dell’epoca attuale, visto non frontalmente, ma di profilo, privo degli abiti che gli competono tradizionalmente quali camicia, giacca e cravatta, quasi non gli competessero più, ossia avesse perso l’aggancio alla sua per così dire divisa di potere. La tecnica a puntasecca, con matrice incisa direttamente senza acidi, rende possibile la filettatura del tratto con cosiddette barbe nell’immagine in bianco e nero che accentuano i chiaroscuri e conferiscono al disegno un senso di immaterialità molto adatto al titolo dell’opera, L’Ombra. Nell’incisione della Savini l’ombra non si riferisce allo sfondo scuro, né si riferisce ad un’ombra per così dire in concreto – l’uomo si trova nella luce, non ha alcuna ombra di sé in nessun luogo –, bensì si riferisce direttamente al mezzo busto di un uomo giovane, spogliato delle sue insegne per così dire e con lo sguardo rivolto al basso, quasi chiuso, comunque socchiuso e non frontale, in segno di ritiro in se stesso o di imbarazzo. L’ombra della Savini è tale appunto sul piano simbolico: un mezzo busto che finisce quasi nel nulla del corpo, come se il tronco non continuasse con il bacino e gli arti, come se questi fossero bruciati nelle fiamme di un rogo di natura psicologica, un uomo che potrebbe non essere in grado di avanzare, un uomo che in ogni caso nel cambiamento dei ruoli tradizionali per i due generi fosse ombra di se stesso, non reggesse il passo con il progresso dei comportamenti. Implicitamente a tutto ciò sta il ruolo più libero per la donna, così che l’uomo si trova in difficoltà rispetto alle epoche in cui essa non lo contrastava e lo lasciava essere più facilmente forte. Un uomo della crisi, questo dell’incisione di Daniela Savini, un uomo della contemporaneità presentato quale ombra, abbattuto, un uomo che abbassa lo sguardo, non guarda dinnanzi a sé, non si pone frontalmente al mondo, ma arde in disparte nel suo dissidio interiore alla ricerca di una nuova identità.” RM
Pier Pietro Brunelli è dottore in Dams (spettacolo) e in Psicologia, specializzato in comunicazioni sociali e in psicoterapia junghiana, è semiologo è attivo come formatore e psicoterapeuta, è Presidente dell’Associazione Culturale Albedo presso la quale offre servizi informativi di psicologia,arte e cultura e ospita forum di auto-aiuto assistito. È scrittore di numerosi articoli, saggi e romanzi.
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–Lucia ESPOSITO, (2013) Il silenzio spezzato. Book Sprint Edizioni. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino LUCIA ESPOSITO
Opera assegnata: Bruno Vallan, Inverno nel Carso, pittore.
Rita Mascialino, (2015) Bruno Vallan: Inverno nel Carso. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: acrilico su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Il dipinto in acrilico di Bruno Vallan Inverno nel Carso è del genere dell’astratto realistico, ossia: il figurativo cede il passo alla simbolizzazione astratta, ma mantiene un certo collegamento in qualche misura visibile con il reale – per altro il reale funge sempre da base a qualsiasi astrazione, a qualsiasi immagine astratta ed è questione solo di un più o di un meno. Sullo sfondo di una gamma di tenui grigi come il cielo invernale del Friuli Venezia Giulia si vede in verde scuro e misto di grigio altrettanto scuro un intrico di vegetazione non rigogliosa, ma spenta su un terreno giallastro come lo è quello del Carso, arido e secco. Le forme della vegetazione e del terreno condividono uno schema a reticolo che ricorda fili spinati e azioni di guerra, come il Carso è stato teatro di guerra. Anche nelle numerose tele di Vallan che riproducono paesaggi carsici con la tipica e meravigliosa fioritura di foglie e fiori rosso acceso, la realizzazione pittorica a reticolato offre un’associazione al sangue versato nelle guerre che nel Carso si sono svolte, ciò in una memoria sempre presente della storia del luogo. In aggiunta il paesaggio, al di là del suo collegamento al Carso e alle vicende storiche ad esso connesse, suscita in sé e per sé tristezza e senso della difficoltà della vita entro intrichi che appaiono stretti, tortuosi, senza respiro, come se la vita umana fosse da viversi quale chiusura in se stessi, nel piccolo spazio, ciò che molto da vicino riflette l’antica consuetudine del popolo friulano, etnica e baluardo di confine, di chiudersi in se stesso per difendersi e resistere. Emozionalmente molto forte il dipinto di Bruno Vallan che si può definire il cantore della natura profonda e malinconica del Carso cui ha dedicato molte delle sue opere e, con il Carso, di alcuni tratti psicologici del popolo friulano e giuliano.” RM
Lucia Esposito è dottore in Giurisprudenza con abilitazioni in discipline giuridiche, economiche, in filosofia, pedagogia, scienze dell’educazione, scienze sociali, antropologia culturale. È avvocato. È docente di diritto ed economia presso la Scuola Superiore di Napoli. È scrittrice di numerosi romanzi in prevalenza sul tema della violenza contro le donne.
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–Giulia MADONNA, (2015) Amata tela. Musicaos Editore. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Giulia MADONNA
Opera assegnata: Erna Vukmanic, Servizio da caffè.
Rita Mascialino, (2015) Erna Vukmanic: Servizio da caffè e Vecchio Friuli. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: olio su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“I dipinti ad olio di Erna Vukmanic Servizio da caffè e Vecchio Friuli rappresentano sia pure su piani diversi dell’immagine le atmosfere del Friuli, di un particolare interno della vita nella casa friulana e della casa tradizionalmente friulana come edificio. Il servizio da caffè è posto sulla tavola vicino al fuoco rosso intenso portatore di calore fisico e psicologico, verosimilmente uno scorcio di fogolâr tanto tipico delle cucine del passato in Friuli. La maestria della Vukmanic nel disegno e nella tecnica del colore nel rappresentare un angolo di vita invernale accanto al fuoco, al momento del caffè, fa sì che si abbia l’impressione di osservare e godere quasi nascostamente di uno scorcio dell’interno domestico dopo la consumazione del pasto, verosimilmente della cena. Tutto è pulito, brilla alla luce del fuoco che getta i suoi chiaroscuri rossastri su tovaglia e caffettiera, la tavola non mostra di essere stata teatro di ingordigie, i sentimenti sono controllati dall’ordine e dalla pulizia da intendersi sia sul piano concreto che metaforico, ordine e pulizia che dominano sovrani in questa raffigurazione di taglio intimistico, crepuscolare e che sono tipici della tradizionale organizzazione friulana della vita all’interno delle case, nel calore della famiglia, degli affetti più riservati, ma non meno profondi o forse ancora più profondi perché riservati, non esposti agli sguardi magari indiscreti di altri, come fossero un bene prezioso da viversi al riparo da ogni esibizione.” RM
Giulia Madonna è dottore in Architettura e docente in Istituti Paritari e in Corsi regionali di formazione professionale. È scrittrice di narrativa e di saggistica.
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–Brina MAURER (Claudia Manuela Turco), Trilogia del ciclo di Glenn: (2013) Glenn amatissimo – Il cane che mi salvò la vita (il Ciliegio edizioni); (2014) Glenn di Raìbl – Il cane che non voleva morire (Lulu Press, Inc.); Glenn di Raìbl – Perché morte non ci separi (Lulu Press, Inc.). Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino BRINA MAURER
Opera assegnata: Luisa Lorenzin, Musica in immagine, pittrice.
Mascialino, R. (2015) Luisa Lorenzin: Musica in immagine. Acrilico su tela 50×150: Opera scelta per il PREMIO LETTERARIO NAZIONALE ‘FRANZ KAFKA ITALIA ®’ V Edizione: Recensione.
Brina Maurer, pseudonimo di Claudia Manuela Turco, è dottore in Lettere e Filosofia, è critico letterario e biografo. È scrittrice di narrativa e poetessa.
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–Sibyl von der SCHULENBURG, (2014) Ti guardo. Saonara PD: Il prato casa editrice. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Sibyl von der SCHULENBURG
Sybil von der Schulenburg è dottore in Giurisprudenza e in Scienze Tecniche e Psicologiche, imprenditrice nel settore delle telecomunicazioni specializzata in contrattualistica internazionale, rapporti commerciali multiculturali e mediazione civile, è editor e coordinatrice di due Collane di narrativa presso Il Prato Publishing House Saonara PD. È traduttrice. È scrittrice di narrativa e saggistica.
Opera assegnata: Alberto Quoco, Full Size Render, fotografo d’arte.
Rita Mascialino, (2015) Alberto Quoco: Full Size Render, Doppi. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: fotografia d’arte: Recensione di Rita Mascialino.
“Le fotografie d’arte a colori Full Size Render e Doppi di Alberto Quoco realizzate con tecniche di Photoshop esprimono entrambe una visione dell’uomo, della sua personalità. Full Size Render (Resa a grandezza naturale), è un titolo che si addice alle tecniche di cui si è servito il fotografo, ma che ha anche una importante valenza simbolica, come tutto ciò che esce dall’occhio artistico, dalla mano artistica. La grandezza naturale vede un uomo più ampio per così dire, ossia la grandezza naturale di Quoco implica non una grandezza a senso unico, bensì diverse grandezze, diverse prospettive, incluso un tocco di sinistro dovuto appunto alla presenza di tratti di una diversità esplicitata ed enfatizzata, diversità che ha un effetto straniante e anche sinistro su chi osserva ed è abituato alla divisione classica dei generi. Quoco ha rappresentato un uomo composito, che assomma in sé tratti maschili – vedi la barba e i baffi, l’insieme generale del volto – e tratti femminei – vedi ornamentazione per lo più adatta all’immagine femminile, compreso il rosa che domina nelle varie gradazioni, anche le labbra che paiono rifinite con un rossetto, colore rosa che da sempre, da tempi arcaici e non solo antichi, è cromia atta a qualificare la donna. Un uomo non proprio nuovo in quanto ciascun genere ha biologicamente parlando connotazioni anche dell’altro genere in diversa proporzione e per altro misture sessuali nella stessa persona ce ne sono sempre state ed anzi, per fare un solo esempio tra tutti: nella latinità e nella grecità del passato era diritto del maschio accoppiarsi con maschi, anche con giovinetti. Tuttavia, accanto a questa mistura pur presente nel ritratto fotografico, c’è anche altro. Non si tratta solo di una maggiore ampiezza visibile, non nascosta, di identità di genere come è sentita molto fortemente nell’epoca attuale in entrambi i sessi, nel caso in quello maschile. Nella visione di Alberto Quoco l’uomo, che sta perdendo l’identità per come la conosciamo nell’epoca moderna per assumerne un’altra appunto esplicitamente più ampia, è anche un uomo artistico, un artista, come in particolare è evidente soprattutto dagli occhiali che Quoco ha scelto per il suo modello – che per altro pare avere lineamenti che ricordano, per quanto molto vagamente, il fotografo stesso che si è proiettato in quest’uomo artista adoperando verosimilmente la propria immagine come base dell’opera. Un artista che in quanto tale, permanendo sempre nell’ambito estetico e raffinato, ha comunque e anche necessariamente un tocco di femmineità per ciò che riguarda la sensibilità, questo in generale. Scendendo più in particolare, tali occhiali, che trasformano dunque il mondo in senso estetico, hanno lenti rosacee che riflettono il reale come ad esempio le forme che si intravedono specchiate in esse e che hanno assunto, a seconda di come si osservino, l’aspetto di paesaggi o di volo di pipistrello ad ali spiegate le quali si continuano negli occhi umani, animale il pipistrello che vede al buio e che si presta a simboleggiare l’attività del fotografo nella camera oscura oltre che dell’Artista in generale che vede nell’oscurità, ossia estrae i suoi simboli dal profondo e più nero inconscio, reame dell’immaginazione e della fantasia. In dettaglio: sono occhiali che riflettono il reale esterno a specchio, ma riflettono anche il reale interiore per così dire, la personalità del fotografo, ossia specchiano anche dall’interno come la simbologia testé accennata mostra. Certo, si tratta di effetti casuali nel Photoshop, che tuttavia sono piaciuti al fotografo e che quindi, consciamente o inconsciamente, fanno parte del suo messaggio e per altro pare che sull’effetto inconscio si sia soffermato anche consapevolmente Alberto Quoco quando ha posto al centro degli occhiali una forma che perfeziona l’immagine a somiglianza del volo citato fatto di occhi del pipistrello e occhi umani in una continuità straordinaria di simbologie sul piano estetico dell’arte. Ai lati delle lenti stanno ornamenti colorati di giallo come mondi dorati e all’esterno piume leggerissime dorate e rosa, come il segno di una molto impalpabile tavolozza di colori con i quali Alberto Quoco vede il mondo e crea mondi da Artista della fotografia quale è. Anche sulla fronte si ritrovano ornamentazioni come elaborazione delle medesime cromie, quali la forma di aracnide colorato di rosa carico in un inconscio e antichissimo simbolo di creatività riferito alla più estetica e fine tela di ragno. Un’immagine questa che raffigura un uomo in una grandezza naturale più ampia e più libera, ma appunto sempre naturale, che non teme lo speciale assemblaggio delle angolazioni, una grandezza naturale comprensiva della mistura di cui sopra particolarmente adatta a connotare l’uomo dell’epoca attuale ed in aggiunta l’artista, più specificamente il fotografo, in una rappresentazione che è un vero e proprio gioiello semantico-emozionale.
La fotografia Doppi riprende il tema del doppio presente in Full Size Render. Si tratta di una maschera su fondo nero quadruplicata e dall’aspetto, piuttosto sinistro come spesso avviene nelle maschere, misto di maschio e femmina – vedi la bocca perfettamente disegnata di taglio non solo maschile ed evidenziata con un rossetto che appare di colore nero. Potrebbe sembrare al primo sguardo una rappresentazione della falsità visto il concetto del doppio, ma alla prima falsificazione questa ipotesi esegetica cade: i doppi non ci sono solo frontalmente nell’immagine, ma anche a rovescio e l’uomo falso non vede a rovescio. La presenza del mondo visto a rovescio testimonia non dell’uomo falso e neanche dell’uomo della norma, in cui l’immagine del mondo a rovescio si raddrizza nella fase finale della visione adattata al reale concreto, bensì testimonia molto direttamente dell’uomo fotografo – vedi immagine a rovescio che può restare tale visibilmente nella fotografia e vedi anche lo sfondo nero della fotografia come associazione alla camera oscura. La maschera quadruplicata a dritto e a rovescio testimonia anche sul piano simbolico il dato di fatto che quest’uomo guarda il mondo da tutte le parti, a tutto campo e in modo originale, senza i limiti dovuti agli occhi umani che grazie alla tecnologia fotografica possono dotarsi di possibilità e protesi in aggiunta con cui stravolgere le coordinate del mondo fisico per come è osservato nel consueto, addentrandosi in simbologie del profondo precluse ad uno sguardo finalizzato al piano del reale. Molto emozionante è la connotazione contrastiva della bocca e degli occhi: occhi appena accennati e sbiaditi, quasi non vedenti, questo in quanto in realtà è l’obiettivo della macchina fotografica che vede più in là di quanto concesso ad essi; bocca di colore nero, come fosse l’ingresso nella camera oscura e nei suoi mondi meravigliosi. Infine, la maschera pare indossare qualcosa di simile anche nel colore al cappuccio di un saio, ciò che le dà il tocco dell’appartenenza ad una comunità umana molto ristretta, appunto quella, nel caso specifico, dell’artista dell’immagine che si differenzia dal resto dell’umanità come appartenesse ad una casta sacerdotale, monastica. Fotografie d’arte, queste di Alberto Quoco, straordinarie nella loro semantica e nella loro realizzazione sul piano estetico.
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–Gianna M. VENIER, (2015) Il raggio di sole. San Vendemiano TV: Publimedia: Prefazione di Gianluca Versace. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Gianna M. VENIER
Opera assegnata: Erna Vukmanic, Vecchio Friuli, pittrice.
Rita Mascialino, (2015) Erna Vukmanic: Vecchio Friuli. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: olio su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Nella tela intitolata Vecchio Friuli, è protagonista la casa stessa. Si tratta di una casa non ricca, costruita in mattoni e pietre, come era d’uso un tempo, con scale e scalette, piccoli vani in aggetto, tetti sbalzati, camini a prova di fumo di stufe a legna in grande attività dati i rigori invernali, finestre con gli scuri come era consuetudine nel passato, piantine vicine all’uscio ed alberelli nelle vicinanze, il tutto sullo sfondo di un cielo celeste pallido come lo è non di rado quello del Friuli, non certo azzurro fiordaliso come quello inondato dal sole del Sud. Tipica e immancabile a completamento delle vecchie abitazioni friulane di montagna la catastina di legna costruita nel modo più ordinato e amorevole, che mostra la cura delle cose, il non spreco dei doni della natura e una visione del mondo in armonia con la stessa. Dipinti questi di Erna Vukmanic che bene raffigurano la semplicità e la sobrietà di vita, la riservatezza dei sentimenti nel Vecchio Friuli.” RM
Gianna M. Venier è responsabile amministrativa presso una ditta in Friuli. È scrittrice di narrativa.
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***Sezione RACCONTI***
–Enzo MARINO, (2014) Belle pazzie e bugiarde aurore – Racconti tra Napoli e Casoria. Napoli NA: Alessandro Polidoro Editore: Prefazione di Francesco D’Episcopo. Primo Premio. Recensione di Rita Mascialino Enzo MARINO
Enzo Marino è pittore, scultore, scrittore e performer, allestisce mostre e partecipa a convegni e comitati scientifici in diversi paesi. È responsabile culturale dell’Istituto ‘F. Santi’ di Roma. Ha pubblicato diverse cartelle d’arte e opere letterarie.
Opera assegnata: Nadia Blarasin, Paesaggio astratto, pittrice.
Rita Mascialino, (2015) Nadia Blarasin: Paesaggio astratto. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: acrilico su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Il dipinto in acrilico di Nadia Blarasin Paesaggio astratto offre un’immagine astratta il cui titolo ne esplicita il polisemico contenuto. Di fatto le pennellate di colori rossi, scuri e bianchi nonché di cromie miste sembrano figurare in schema essenziale un paesaggio montano, a scaglioni e dirupi, cascate di torrenti, rocce. Trattandosi di un’opera astratta, la componente psicologica e interiore è, generalmente, più diretta che nel figurativo, per cui il termine Paesaggio si può e anzi si deve associare soprattutto ad un paesaggio interiore, all’espressione di qualche tratto importante della personalità dell’Artista secondo la Spazialità Dinamica sottesa al dipinto. Tale paesaggio si associa molto da vicino ad altri dipinti della Blarasin, fra cui Meteore (vedi III Mostra d’Arte del Premio Franz Kafka Italia ® Ed. 2015). Si tratta di due paesaggi, uno terrestre, l’altro per così dire cosmico fatto di stelle cadenti, i quali sono costruiti tuttavia con medesimi colori e pennellate larghe in lieve misura anche tattili e mostrano la frammentazione del tratto e dell’immagine tipica di entrambe le opere. L’immagine crea una suggestione di tinte forti su uno sfondo rosso sangue, ispirante voglia di vivere, eros e azione, drammaticità. Il mondo che Nadia Blarasin dipinge nella tela associa una tavolozza di colori, come fosse liberamente creato dall’interiorità dell’Artista che, senza avere come meta la raffigurazione realistica, dia forma ai suoi sentimenti attraverso i colori, attraverso la forma a frammenti. Entro questo contesto si aprono voragini nere non evocanti sentimenti di letizia, ma anzi piuttosto inquietanti. Tali baratri neri si scoprono in mezzo alle più belle cromie di impatto vitale, come abissi vuoti frammezzo alla vita e alle sue gioie, improvvisi e inevitabili come i buchi neri pronti ad ingoiare tutti i colori, tutta la luce. Una simbolizzazione dell’esistere che risulta senz’altro fatto di bellezza e di passione, ma anche di pesanti ombre nere che appaiono minacciose e incombenti su tutto in una visione in cui predominano i particolari più accesi senza che siano messi in relazione fra di loro e quindi in tal senso controllati, moderati. Si ha nel dipinto di Nadia Blarasin una visione non panoramica dunque, bensì incentrata prevalentemente su singoli flash dalla forte risonanza emozionale, su sensazioni istantanee intense al punto da occupare in sé e per sé tutta la scena a grossi colpi, con ciò impedendo la strutturazione di un insieme a parti più collegate e conseguentemente, come testé anticipato, più controllate dalla forma. In altri termini: la sensazione singola, l’emozione forte spezza la percezione del mondo interiore e di quello esteriore in frammenti che catturano tutto lo spazio appunto frammentandolo, come se la sensibilità della pittrice fosse bombardata dalle sensazioni e, estensivamente nella simbolizzazione, come se fosse difficile per l’uomo contemporaneo catapultato in una vita fatta di emozioni sempre più estreme avere una visione ancora armoniosa della vita. Così nell’interpretazione della pittrice Nadia Blarasin in Paesaggio astratto.” RM
La figlia ritira il Premio in luogo del padre impossibilitato a partecipare.
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–Federica BERNARDINI, (2015) Sole rosso – Racconti. Scrivere per volare editore. Secondo Premio. Recensione di Rita Mascialino Federica BERNARDINI
Autrice assente.
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–Rosetta SAVELLI, (2003) Iris e dintorni. Firenze: L’Autore Libri. Terzo Premio. Recensione di Rita Mascialino Rosetta SAVELLI
Opera assegnata: Gina Gressani, Ballerina, pittrice.
Recensione (vedi sopra).
Rosetta Savelli è scrittrice creativa con diverse pubblicazioni di poesie, romanzi e racconti. Scrive recensioni in ambito letterario e artistico. Collabora a numerose testate giornalistiche in Italia e all’estero.
Ritira il Premio la delegata Signora Martina Valentini Marinaz.
Immagini dell’Autrice del racconto lungo Iris e dintorni, Premio Speciale della Giuria al Premio Letterario Nazionale ‘Franz Kafka Italia ®’, Rosetta Savelli in occasione dell’intervista di Rita Mascialino per il Video YouTube girato al Teatro del Kulturni Center Lojze Bratuž di Gorizia domenica 25 ottobre 2015 (Servizio per il Video di Roberto Margea, Studio di Pierluigi Bumbaca, Gorizia, Via delle Monache n. 11, Gorizia).
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Premi Speciali della Giuria:
–Giulia QUARANTA, (2013) Fuochi inestinguibili. Imperia: Centro Editoriale Imperiese. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Giulia QUARANTA
Opera assegnata: Sergio Romano, Natura morta sul comò, pittore.
Rita Mascialino, (2015) Sergio Romano: Natura morta sul comò. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: acrilico su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Il dipinto in acrilico di Sergio Romano Natura morta sul comò presenta un quadro familiare, una scena vista frontalmente che si riferisce alle pulizie in una casa, dove sul ripiano del comò stanno raccolti per permettere l’azione del riordino della stanza un panno bianco, un macinino del caffè, un lumino ad olio, una mela, il tutto raffigurato con grande perizia, padronanza del disegno e della prospettiva e tecnica del colore. Si tratta di uno scorcio di vita di epoche appena trascorse, dove la macinazione del caffè avveniva a mano e la luce prevedeva ancora qualche lampada ad olio. Molto appropriate le tonalità scelte dall’Artista, quiete e semplici come lo era la vita nel passato rispetto ad oggi, anche il tipo di comò appartiene ad un arredamento trascorso e modesto. Grazie alle nature morte di Sergio Romano, Artista che eccelle sia nell’ambito del figurativo che dell’astratto, possiamo avere un scorcio della vita nel passato, un po’ come la pittura di genere che ci ha lasciato la raffigurazione della vita quotidiana di intere epoche. Nelle nature morte Sergio Romano ci dà scorci della vita nel Friuli, quel Friuli che in parte ormai molto piccola regge ancora all’avanzamento del progresso e del cambiamento e che nelle sue tele vivrà per sempre.” RM
Giulia Quaranta è dottore in Filosofia con Laurea Triennale e Specialistica in Metodologie Filosofiche. Collabora a riviste culturali ed è attiva presso Generali Italia S.p.a.. È scrittrice di saggi, racconti e poesie.
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***Sezione POESIA***
–Gian Giacomo MENON, (2013) Poesie inedite (1968-1969). Torino: Nino Aragno Editore: Prefazione di Cesare Sartori. Primo Premio. Recensione di Rita Mascialino Gian Giacomo MENON
Opera assegnata: Massimo Scifoni, Ingranaggi, incisore.
Rita Mascialino, (2015) Massimo Scifoni: Ingranaggi. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: incisione: Recensione di Rita Mascialino.
“L’incisione di Massimo Scifoni Ingranaggi ottenuta con tecnica a ceramolle e all’acquaforte su lastre di rame mostra come esplicita il titolo dell’opera diversi ingranaggi di ruote e rotelle come di orologi, ingranaggi che sul piano simbolico stanno per i meccanismi cerebrali più fini, anche per l’occhio stesso come la forma globale suggerisce, per la razionalità e i suoi percorsi che devono essere perfetti per poter funzionare a dovere, per essere razionali appunto, misuratori della spazialità del reale. La forma tondeggiante si adatta come anticipato sia all’orologio che all’occhio umano, mentre il colore rossastro si collega soprattutto alla vita come sangue e fuoco, calore dei sentimenti senza i quali la razionalità diviene ramo secco e improduttivo, anche potenzialmente negativo. Così nella risonanza semantico-emozionale che proviene dalla potente incisione di Massimo Scifoni circondata da un ampio spazio bianco che ne fa il centro di dominio degli spazi tutt’intorno, quasi la gola di un forno in costante accensione e produttività, quasi una centrale atomica, la centrale del pensiero e delle emozioni, della vita. Molto interessante è il fatto che l’incisione non rappresenti la sfera intera che contiene gli ingranaggi, ma ne dia una rappresentazione parziale, mancante dei due archi laterali esclusi dalle due corde, come a significare che, neppure sul piano simbolico ed estetico, metaforico, può essere rappresentata l’intelligenza in modo circoscritto, essendo questa in continua evoluzione e non avendo confini invalicabili.” RM
Gian Giacomo Menon è stato dottore in Giurisprudenza e dottore in Filosofia. È stato docente di storia e filosofia negli Istituti di Secondo Grado di Udine. Ha scritto un milione di versi e centomila poesie inediti durante la sua vita. Il suo allievo Cesare Sartori, giornalista, cura la pubblicazione di alcuni suoi libri di poesie.
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–Rosa TUCCIO, (2013) di Vento e d’Acqua. Cosenza CS: Luigi Pellegrini Editore: Prefazione di Giovanna Mulas. Secondo Premio. Recensione di Rita Mascialino Rosa TUCCIO
Autrice assente.
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–Anna Maria D’AMBROSIO, (2013) Di fiori e foglie. Novara NO: interlinea edizioni. Nota di Giusi Baldissone. Terzo Premio. Recensione di Rita Mascialino Anna Maria D’AMBROSIO
Opera assegnata: Marilena Mesaglio, Bouquet di smeraldi, disegnatrice grafica d’arte.
Rita Mascialino, (2015) Marilena Mesaglio: Bouquet di smeraldi. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: disegno grafico d’arte: Recensione di Rita Mascialino.
“Il Bouquet di smeraldi di Marilena Mesaglio presenta su sfondo in una tonalità di carminio un fascio di fiori che presenta smeraldi come fossero fiori della Terra misti a foglie in cromie di verde e di aranciato. Come di consueto, i disegni grafici d’arte di questa Artista, che lavora con grande perizia servendosi del mouse, non della penna grafica, quindi con l’ausilio di tutto il braccio che trascina con sé anche l’apporto inconscio, ma presente, di tutto del corpo e non solo della mano, sono a forte impatto simbolico. Lo smeraldo è rappresentato al di fuori della sua preziosità commerciale per divenire fiore prezioso della natura in bellezza e leggerezza, in estetica che sorge dalle oscurità più profonde e nascoste. E di nuovo, come talora accade nei disegni della Mesaglio, si individuano qui e là presenze di folletti e comunque di figure fiabesche, in questo caso si individuano proprio negli smeraldi delle faccette scherzose e delle manine di gnomi, come essi fossero l’anima più segreta delle gemme in associazione alla leggenda che vuole gli gnomi e i nani come custodi del sottosuolo e delle sue preziosità, delle sue meraviglie e anche come lontana associazione ai nanetti di Biancaneve che con le pietre preziose hanno il più importante coinvolgimento quali esperti e padroni delle miniere sotterranee con tutte le simbologie a ciò collegate e su cui qui non apriamo il discorso che riguarda più direttamente la fiaba citata. Ora un bouquet è fatto per essere donato a qualcuno e di fatto si intravede alla base dello speciale bouquet uscente da una foglia, o smeraldo per così dire in gestazione, in fioritura iniziale, l’accenno ad una mano che indica e anche sostiene il mazzo stesso come il bouquet fosse stato fatto per qualcuno cui offrirlo ed è facile intuire a chi possa essere offerto un tale bouquet: all’umanità in generale, ma in particolare ad una donna o alle donne, che sono le destinatarie privilegiate dei doni floreali che ad esse vengono collegati per estetica e in segno di riconoscimento dei valori più fini intrinseci alla natura femminile. Un dono alle donne quindi dalla natura, dal sottosuolo più prezioso in questo disegno grafico d’arte di Marilena Mesaglio.” RM
Anna Maria D’Ambrosio è dottore in Pedagogia con abilitazione in Filosofia, è docente in pensione. È scrittrice di poesie.
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Premi Speciali della Giuria:
–Federica BERNARDINI, (2015) Girati – Poesia in immagine. Scrivere per volare Editore. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Federica BERNARDINI
Autrice assente.
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–Marinella COSSU, (2015) Un giorno come mille anni. Massarosa LU: Marco Del Bucchia Editore: Prefazione di Cristiano Mazzanti. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Marinella COSSU
Opera assegnata: Isabelle Turrini, Giardino, pittrice.
Rita Mascialino, (2015) Isabelle Turrini: Giardino. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: acrilico su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Il dipinto in acrilico di Isabelle Turrini Giardino raffigura uno scorcio di giardino in uno stile di decorativismo minuto di tipo orientaleggiante e naif, fuori da ogni impressionismo e anche espressionismo, fuori da ogni realismo eppure non astratto. Domina una certa assenza di moti nella struttura generale del dipinto, nel tratto pittorico del particolare dettagliato, come se in questo giardino non ci fosse una sola foglietta appassita, un solo frutto intaccato dagli elementi, come appunto non ci fosse non solo vento, ma neppure aria. Il giardino della Turrini non respira e per questo appare immutabile, sensazione come non di rado i dipinti di questa pittrice evocano. Si tratta di un’impressione che dà al giardino raffigurato un tocco di quiete e quasi di stasi che nessuna tempesta possa turbare, come fosse un luogo che non partecipi dei moti del tempo, un giardino appartato dal più caotico frastuono della vita, interiorizzato nel silenzio e nella quiete, fuori dal procedere del tempo e degli eventi con esso. Il giardino dell’Artista evoca un desiderio di pace e di bellezza della natura e della più precisa e ordinata opera dell’uomo, dove anche il prato appare più come un incorrotto tappeto verde che come un fondo erboso, come tale sottoposto al normale ciclo della crescita e della morte. Ciò vale anche per foglie e frutti in questo giardino incantato in cui tutto è perfetto come Isabelle Turrini vorrebbe che fosse l’esistere, salvaguardato dalla tempesta concreta e metaforica sul piano dei sentimenti.” RM
Marinella Cossu è dottore honoris causa in Filosofia Ph.D. presso l’Imperiale Accademia di Russia Sede d’Italia. È attiva nel ramo amministrativo. È poetessa.
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–Danilo TABACCHI, (2010) Cuori. Vidigulfo PV: EdiGio. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Danilo TABACCHI
Autore assente.
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***Sezione SAGGI***
–Pier Pietro BRUNELLI, (2012) Carna e il Carnevale delle donne. Psicomitologia del riso e del sapere femminile. Roma: Lithos Editrice. Primo Premio. Recensione di Rita Mascialino Pier Pietro BRUNELLI
Opera assegnata: Alberto Quoco, Doppi, fotografo d’arte.
Recensione di Rita Mascialino
(vedi sopra).
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–Alessia SORGATO, (2014) Giù le mani dalle donne. Milano: Mondadori Electa: Prefazione di Maurizio Costanzo. Secondo Premio. Recensione di Rita Mascialino Alessia SORGATO
Opera assegnata: Patrizia Ruggeri, Marina – Grado, pittrice.
Rita Mascialino, (2015) Patrizia Ruggeri: Marina Gradense 1, Marina Gradense 2, Marina Gradense 3. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opere donate: acquarelli: Recensione di Rita Mascialino.
“Negli acquarelli di Patrizia Ruggeri intitolati a vari scorci e momenti di marine come i titoli esplicitano in Marina Gradense 1, Marina Gradense 2 e Marina Gradense 3, si hanno tre scorci del mare di Grado, Friuli Venezia Giulia. Si tratta di acquarelli che mantengono tutta l’aereità e dinamicità del tratto tipiche della tecnica ad acquarello, ma che nel contempo, come spesso in questa Artista, condividono con la tecnica ad olio l’effetto preciso nelle linee, nelle forme e nei colori. In Marina Gradense 1 si ha uno scorcio di mare in burrasca con marosi che si infrangono violenti su scogli e terraferma, con schiuma bianca che va a confondersi con il cielo più alto tanto si alza sulla superficie. Spicca in questo acquarello il contrasto tra la poderosa furia dei cavalloni in movimento dinamico e la staticità delle schiume che stanno dietro di essi a destra nel dipinto, si tratta di schiume che non avanzano spinte dalla potenza del mare, ma di schiume che stanno per così dire più ferme, che sono piatte rispetto al moto ondoso dei cavalloni. Questa caratteristica è molto interessante ai fini del significato dell’opera: nell’acquarello è colto un momento della tempesta, esattamente quello che vede l’onda infrangersi sugli scogli e la terraferma, mentre le acque retrostanti, malgrado la presenza delle schiume che testimoniano del moto burrascoso, sono in calma, come se la burrasca fosse cosa di un momento e non frutto delle forze scatenate della natura, della grande e spaventosa massa del mare, quasi fosse frutto di una calma marina, una tempesta controllata quindi, non così pericolosa.
In Marina Gradense 2 il temporale pur annunciato dalle nuvole pesanti e scure, sfumate nei loro moti dovuti al vento, non sommuove le acque così da sbilanciare la barchetta attraccata alla riva che pare al riparo dalle intemperie, ossia si ha la vista del mare foriero di burrasca e del cielo gravido di acque temporalesche, ma si intravede la casa sicura sulla terraferma e la barca ancorata in modo che appare altrettanto sicuro, tranquillo. In altri termini: il temporale marino in arrivo non intacca la sicurezza della casa e della barca.
In Marina Gradense 3 è rappresentato l’arrivo di alcune barche in tutta quiete di bel tempo nel porto sicuro, nessun moto ondoso, gli eventuali mari mossi e comunque il vasto mare sono implicitamente alle spalle del viaggio, è raffigurata la quiete della sosta, dello scampato pericolo dell’avventura in mare aperto con tutti i suoi rischi e pericoli. Le barche sono dipinte con il tratto lineare sottile che contraddistingue molti degli acquarelli della Ruggeri, tratto che esalta la fragilità delle imbarcazioni coem leggere costruzioni. Accomuna questo ciclo di acquarelli la volontà di controllare la tempesta e la gioia della sicurezza del ritorno alla quiete della vita fuori dai pericoli che la minacciano, come l’antichissima e privilegiata metafora per la vita umana che vuole questa come una nave che solca i mari con tutte le loro tempeste e i pericoli di affondare, nave che rispetto ai mari viene sentita da Patrizia Ruggeri come piccolo fuscello in balìa delle onde e dei marosi, fuscello che malgrado la sua leggerezza e anche fragilità tuttavia riesce a rientrare sano e salvo a casa, al riparo. Le cromie intrinseche a tali marine, anche quando relative a burrasche, sono delicate e rifuggono da toni accesi, da tratti cromatici e dinamici tali da sconvolgere l’equilibrio sottostante all’esperienza della tempesta e del temporale. Anche questa scelta della pittrice Patrizia Ruggeri per l’espressione meno estrema sul piano semantico testimonia la predilezione per il controllo dei sentimenti, niente passioni laceranti e incontrollate, niente sofferenze altrettanto incontrollate, bensì la volontà di dominare la destabilizzazione che deriva dagli scossoni esistenziali più grossi pur rappresentati esplicitamente o implicitamente.” RM
Alessia Sorgato è dottore in Giurisprudenza con Specializzazioni nella dimensione vittimologia a protezione dei soggetti deboli, è avvocato, partecipa a Congressi in Italia e all’estero sulle violenze di genere. È scrittrice di numerosi articoli e saggi sul tema.
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–Daniele VOGRIG, (2014) Crepuscoli Pucciniani – Suor Angelica, un soggetto inedito di Giovacchino Forzano. Terracina LT: Innuendo: Prefazione di Roberto Gigliucci, Docente di Letteratura Italiana all’Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’. Terzo Premio. Recensione di Rita Mascialino Daniele VOGRIG
Opera assegnata: Franca Valenti, Compleanno, pittrice.
Rita Mascialino, (2015) Franca Valenti: Compleanno. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: acrilico su tela: Recensione di Rita Mascialino.
“Il dipinto in acrilico di Franca Valenti Compleanno raffigura i fiori che accompagnano la festa del compleanno, i regali e gli auguri di lunga vita quale usanza condivisa da tutta l’umanità. Predominano i rossi e i gialli in varie tonalità inframmezzati da verdi più o meno tenui e dal verde intenso della cornice che viene a fare parte del quadro come colore della natura da cui provengono i fiori. I fiori sono posti in dinamicità, non in immagini statiche riferite a vasi per contenere gli stessi, dinamicità che si riferisce pertanto non ai fiori in sé, i quali hanno per forza una collocazione stabile, ma alla gioia che li attornia e che si proietta su di essi movimentandoli come componenti dell’allegria della festa. Un dipinto, questo della pittrice Franca Valenti, che esprime la gioia di vivere e la dinamizzazione che essa porta nei cuori.” RM
Daniele Vogrig è dottore in Letteratura, Musica e Spettacolo e in Letteratura e Lingua. È scrittore di saggistica.
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Premi Speciali della Giuria:
–Monica CAPIZZANO, (2014) Droghe da stupro e nuove sostanze psicoattive. Cosenza CS: Falco Editore: Prefazione di Ashraf Mozayani. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Monica CAPIZZANO
Opera assegnata: Luisa Lorenzin, Astratto, pittrice.
Monica Capizzano è dottore in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, è criminologa e scrittrice di saggi storici a di attualità.
La zia dell’Autrice ritira il dipinto.
–Monica CAPIZZANO, (2011) Qáyn contro Hèvel – 10 luglio 1941. Roma: Gruppo Albatros Il Filo. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Monica CAPIZZANO
Opera assegnata: Patrizia Ruggeri, Marina Gradense, pittrice. Recensione di Rita Mascialino (vedi sopra).
Monica Capizzano: vedi sopra.
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–Emiliano SARTI, (2015) Carpe diem. Pagine di poesia latina. Massarosa LU: Marco Del Bucchia Editore. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Emiliano SARTI
Opera assegnata: Luisa Lorenzin, Fantasia musicale, pittrice. Recensione di Rita Mascialino (vedi sopra).
Emiliano Sarti è dottore in Lettere Antiche e diplomato in Scienze Religiose. È docente di latino e greco al Liceo Classico Machiavelli, Lucca. È scrittore di numerosi saggi nell’ambito della cultura greca e latina.
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–Paolo Francesco ZATTA, (2015) Storia dei Vescovi di Padova. Roma: Europa Edizioni: Voll. 1-2. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Paolo Francesco ZATTA
Opera assegnata: Gina Gressani, Cavaliere medioevale, pittrice.
Recensione di Rita Mascialino (vedi sopra).
Paolo Francesco Zatta è dottore in Scienze Biologiche con Specializzazione in Biochimica e Biologia Molecolare presso l’Università di California a San Francisco. È docente e ricercatore nel campo delle neuroscienze. Dirige per i tipi della Cleup Editrice Università di Padova una Collana di saggistica storica. Ha al suo attivo numerosi studi scientifici. È scrittore di numerosi saggi storici.
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***Sezione TESI di LAUREA***
Premi Speciali della Giuria:
–Gian Cosimo GRAZZINI, (Anno Accademico 2011/2012) “Ogni plebe m’insulta e rossa e nera” – Fogazzaro, la sua arte, la scienza, la Chiesa. Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Lettere: Relatori: Primo relatore Prof. Piero Floriani, Secondo relatore Prof. Floriano Romboli. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Gian Cosimo GRAZZINI
Opera assegnata: Patrizia Ruggeri, Costa gradense, pittrice. Recensione di Rita Mascialino (vedi sopra).
Gian Cosimo Grazzini è dottore in Scienze Biologiche e in Lettere Moderne.
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–Antonella VAIRO, (Anno Accademico 2013/2014) La “visita di Dio”, come mistero d’Amore, nel ‘Ciclo dell’Invisibile’ di Eric-Emmanuel Schmitt. Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘Beato Niccolò Stenone’, Pisa: Collegato con la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale: Relatore Prof. Piero Ciardella. Premio Speciale della Giuria. Recensione di Rita Mascialino Antonella VAIRO
Opera assegnata: Marcello Franchin, Solitudine, fotografo d’arte.
Rita Mascialino, (2015) Marcello Franchin: Solitudine. Recensione: PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: fotografia d’arte in bianco e nero, 60×80: Recensione di Rita Mascialino.
“La fotografia d’arte di Marcello Franchin Solitudine è un’opera a forte impatto simbolico come sempre in questo Artista. Si tratta di un’immagine in bianco e nero e sfumature cromatiche inerenti a tali colori, cromia questa già di per sé fonte di simbologia profonda – il mondo visto dall’umanità non è in bianco e nero, ma a colori, possibili eccezioni di disfunzioni all’organo della vista a conferma della regola. Nella fotografia d’arte questa cromia, che di per sé trasforma il reale e con ciò dà i significati simbolici relativi alla visione del mondo dell’artista, presenta sullo sfondo l’orizzonte marino, vasto, confinante con null’altro che il cielo, ancora più vasto, infinito. Sulla terraferma stanno due sobri steli metallici a forma cilindrica senza nessun’altra sfaccettatura. Nell’estrarre significato da questa immagine essenziale, priva di qualsiasi distrazione dalle poche componenti – mare, cielo, i due steli metallici – è immediata l’associazione alla stilizzazione di due persone vicine che voltano le spalle a chi guardi la fotografia e che sono intente a guardare assieme l’orizzonte lontano, gli spazi infiniti, l’orizzonte della vita e, nella celeste dimensione infinita, anche della fine della vita. Il mare porta implicitamente la presenza del mondo più inconscio delle simbologie semantiche, il cielo la presenza dell’immenso Universo. Non vi è altra presenza simbolica di esseri umani, ciò a indicazione che la vita, secondo il messaggio contenuto in questa fotografia d’arte di Marcello Franchin, secondo la sua visione del mondo, ha bisogno di essere vista in due, il resto fa parte di un corollario necessario per vivere, ma non per guardare il mondo che appunto va visto in due come base per qualsiasi sviluppo di socialità finalizzata ad approfondire il senso della vita – i due simbolici esseri non guardano gli altri, ma solo approfondiscono le coordinate profonde della vita stando assieme. Tale esperienza esistenziale in due rappresenta una solitudine fertile di profondità nella visione del mondo – in gruppo non si approfondisce mai niente, si può comunicare, ci si può divertire, si può avere un’attività insieme, ma non si può approfondire come lo possono fare due compagni di viaggio. I due esseri umani simboleggiati nelle due presenze vicine l’una all’altra non mostrano altro che semplicità ed essenzialità, non paiono vittime delle mode imperanti finalizzate a defraudare l’uomo della sua individualità in vista di una apparenza che nasconde il vuoto sottostante nella più ampia superficialità, con scarsezza di sentimenti che sorgono solo nell’interiorità dei cuori, come appunto emerge ed appare nell’immagine delle due simboliche persone che non offre niente di troppo, di superfluo, di non sostanziale, che appunto non nasconde la verità delle cose. Una fotografia d’arte, Solitudine, di Marcello Franchin, che racchiude nella scelta dell’immagine fotografata e vista con gli occhi concreti ed interiori dell’Artista, poi offerta allo sguardo del pubblico interessato, il nocciolo di una visione della vita che riconosce quelli che sono i valori che non potranno mai mutare o essere superati perché stanno alla base dell’esistere e riconosce i valori dello spirito che si percepiscono scendendo in profondità – come il mare suggerisce – e guardando quindi in alto – come la presenza dominante del vasto cielo suggerisce.” RM
Antonella Vairo è dottore in Scienze Religiose e docente di religione cattolica.
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***Sezione SECONDO UMANESIMO ITALIANO***
Premi Speciali della Giuria:
–Simona RUGGI / Sibyl von der SCHULENBURG, (2013) Tradursi e tradirsi – Bilinguismo e psicologia. Roma: Aracne Editrice: Prefazione di Gabriella Gilli. Recensione di Rita Mascialino Simona RUGGI / Sibyl von der SCHULENBURG
Opera assegnata: Margot Di Lorenzo, Trasfigurazione, fotografa d’arte.
Rita Mascialino, (2015) Margot Di Lorenzo: Trasfigurazione. PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® V Edizione: opera donata: fotografia d’arte. Recensione di Rita Mascialino.
“La fotografia artistica di Margot Di Lorenzo Trasfigurazione presenta lo scorcio di un bosco nel quale i tronchi e i rami in primo piano risultano neri e il fogliame delle chiome bianco, appunto trasfigurato nella meraviglia dei giochi di luce ripresi dall’Artista. Il vialetto sterrato che porta in fondo attraverso il bosco è esso stesso luminoso e si prosegue in un vortice bianchissimo che pare condurre in un mondo tutto fatto di luce, di energia e non di materia tangibile. A destra a lato del vialetto di ghiaia sta un pezzo di tronco nero che nella particolare inquadratura scelta da Margot Di Lorenzo assume la sagoma di un’arcaica grande lucertola in postura di osservazione del territorio, Artista che nelle sue fotografie mostra di avere occhi che colgono spontaneamente il mistero che sta nella realtà attorno a noi se vista con uno sguardo che non si accontenta dell’ovvietà. In altri termini: si tratta di una fotografia che si basa sul reale trasfigurandolo in senso magico come è consuetudine in questa Artista che ama conservare ed anzi enfatizzare il senso di mistero che attornia la vita e compenetra la vita stessa. La lucertola che in postura di osservazione perlustra la zona prima di attraversare il passaggio e avventurarsi in un nuovo luogo al di là dal suo habitat dà al bosco trasfigurato dalla luce il tocco della fiaba vivente, dove il reale si tinge della fantasia più antica – ricordiamo che l’Artista è anche illustratrice di fiabe, delle fiabe di antica fattura, di streghe e di maghi, di arcani. Così Margot Di Lorenzo arricchisce la realtà attorno a sé scoprendo configurazioni che rendono incantato il mondo.” RM
Simona Ruggi è dottore in Psicologia con Ph.D in Psicologia della Comunicazione e processi linguistici con Specializzazione in Psicologia scolastica, è ricercatrice presso la Facoltà di Psicologia dell’Università e-Campus, collabora con l’Unità di Ricerca di Psicologia e Arte dell’Università Cattolica di Milano. È scrittrice di saggistica.
Sibyl von der Schulenburg: vedi sopra.
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