2025 RASSEGNA PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® CULTURA CARRIERA IMMAGINAZIONE XIX ED.
COMITATO DEL ‘SECONDO UMANESIMO ITALIANO ®’
‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’
alla CULTURA alla CARRIERA alla IMMAGINAZIONE
XIX Edizione 2025 online
Fondatrice e Presidente Rita Mascialino
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Rassegna ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ XIX Edizione 2025 online
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In continuità con la prassi adottata in seno al ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ a partire dalla sua fondazione nel febbraio del 2011 non vengono pubblicati dal Comitato sul sito www.franzkafkaitalia.it, né altrove, i Diplomi e le Motivazioni, lasciando così ai singoli Vincitori la decisione in merito.
Per gli interessati al Video YouTube relativo al Centenario kafkiano (2024) a cura di Rita Mascialino con analisi di nove opere di Kafka e di nove pregiate Illustrazioni di Vincenzo Piazza:
PRIMO CENTENARIO DELLA MORTE DI FRANZ KAKFA (2024)
youtube.com/watch?v=yAuSOkXqFB4
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Documentazione cartacea e digitale edita da
CLEUP EDITRICE UNIVERSITÀ DI PADOVA
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“Breve Nota su Franz Kafka: emblema dell’ebreo errante, senza patria, senza casa.”
di Rita Mascialino
Dal Racconto-capolavoro di Franz Kafka Die Sorge des Hausvaters (Franz Kafka, Sämtliche Erzählungen. Frankfurt am Main D: Fischer Taschenbuch Verlag 1970: Hersg. Paul Raabe: Nachwort: Paul Raabe 1969: 139-140):
“(…) Es [Odradek] sieht zunächst aus wie eine flache sternartige Zwirnspule, und tatsächlich scheint es auch mit Zwirn bezogen; allerdings dürften es nur abgerissene, alte, aneinander geknotete, aber auch ineinander verfitzte Zwirnstücke von verschiedenster Art und Farbe sein. Es ist aber nicht nur eine Spule, sondern aus der Mitte des Sternes kommt ein kleines Querstäbchen hervor und an dieses Stäbchen fügt sich dann im rechten Winkel noch eines. Mit Hilfe dieses letzteren Stäbchens auf der einen Seite, und einer der Ausstrahlungen des Sternes auf der anderen Seite, kann das ganze wie auf zwei Beinen aufrecht stehen (…)”
‘(…) Esso [Odradek] ha in un primo momento l’aspetto di un rocchetto di filo, piatto e a forma di stella e di fatto sembra anche ricoperto di filo; tuttavia dovrebbero essere solo pezzi di filo strappati, vecchi, annodati uno all’altro, ma anche dei più diversi tipi e colori ingarbugliati uno nell’altro. Però non è soltanto un rocchetto, bensì dal centro della stella viene fuori un piccolo bastoncino trasversale e a questo bastoncino se ne aggiunge poi ancora uno formando un angolo retto. Con l’aiuto di quest’ultimo bastoncino da un lato e di una delle punte radianti della stella dall’altro, il tutto può stare in piedi come su due gambe (…)’ (Traduzione di Rita Mascialino)
In una delle mirabili composizioni della sua immaginazione Franz Kafka dipinge in sintesi una figurazione – artistica – dell’ebreo errante che coincide con il simbolo della stella, divenuta in seguito il simbolo centrale della bandiera dello Stato di Israele, simbolo risalente a tempi antichissimi dove già rappresentava l’identificativo dell’ebraismo. Fondamentale al rocchetto di filo descritto da Kafka è che esso è anche, partendo dal centro della stella, anche un essere che sta in piedi su due gambe, ossia un uomo per quanto stilizzato. Un uomo che viene a coincidere spazialmente con la stella, il simbolo antico di Salomone, figlio di re Davide (Betlemme 1040-Gerusalemme 970 circa) e re a sua volta di Israele (Gerusalemme 1011-931), simbolo anche del cosiddetto scudo di Davide e di origine ancora molto più antica. Altrettanto fondamentale è che il rocchetto kafkiano non ha un solo filo, né un solo colore, ma è un groviglio di tanti tanti fili dei colori più diversi – tutte le patrie altrui di cui gli ebrei hanno dovuto salire e scendere le dantesche scale per sopravvivere dopo la seconda distruzione del tempio ad opera delle legioni dell’imperatore romano Tito nel 70 A.D. Fili vecchi, strappati, simbolicamente i vessilli che hanno connotato la diaspora dell’ebreo errante. Franz Kafka, nel racconto da cui la citazione sopra, si è proiettato in Odradek, l’uomo-stella simbolo dell’ebreo quale lui era e si sentiva nel profondo, ma anche il figlio non accettato neanche nella casa del padre – Odradek sta sempre fuori dalla porta –, davvero l’emblema perfetto di chi non ha casa, patria ed è malvisto nella casa del padre, dai familiari quindi. Ma non basta: Odradek in qualità di rocchetto per il filo è ricoperto di filo ed è associabile alla possibilità di tessere, metaforicamente: al narrare e Kafka ebbe a dire di essere solo narrazione, appunto nella metafora: un rocchetto per il filo, un uomo per tessere narrazioni. Questo nella descrizione che Kafka fa di Odradek, sua triplice proiezione di Kafka e personaggio principale del racconto La preoccupazione del padre di famiglia. Molti illustri studiosi danno del nome Odradek versioni che non sono condivisibili a mio giudizio. Do qui, come ho dato anche in passato, la mia interpretazione. Il termine, in totale sintonia con il pensiero di Kafka nel racconto dello speciale rocchetto a forma di stella come nel pezzo sopra citato, identifica un soggetto che non sta a casa di nessuno, sempre fuori dalla porta perché non accettato. Il termine in sé significa propriamente in una composizione di termini dal ceco: fuori dal castello, via dal castello. Ciò è una prefigurazione del successivo romanzo incompiuto per la sopraggiunta morte di Kafka: Il castello, Das Schloss (Das Schloß nella grafia ai tempi di Kafka fino alla riforma ortografica del 1996 della lingua tedesca) –, nome che sintetizza il Leitmotiv dell’esclusione di Kafka da ogni comunità – neanche nel Castello Kafka entra mai, anche se può forse essere chiamato alla fine. Molto ci sarebbe da dire sulla personalità di Kafka stante sempre fuori da case, castelli e simili, ma la breve Nota su Odradek-Kafka ebreo errante finisce qui.”
Rita Mascialino
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ARTISTA ESCLUSIVO DEL ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’
FABRIZIO NICOLETTI
(Tivoli RM-I)
STAMPA FIRMATA DA DISEGNO ACQUARELLATO
Il cavallo nero*
conferita ai Vincitori del ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ (2025)
*Opera di Fabrizio Nicoletti riferita alla identificazione di Rita Mascialino sul piano esegetico relativamente alla criptica metamorfosi in cavallo nero (1996 e segg.) insita nel racconto di Franz Kafka Der plötzliche Spaziergang (1912), La passeggiata improvvisa.
Fabrizio Nicoletti:
-‘Premio Franz Kafka Italia ®’ all’Immaginazione XVII Ed. 2024.
-Primo Premio al ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ per il Disegno Artistico XVIII Ed. 2024.
Mascialino, R., (2024) Fabrizio Nicoletti, ‘Il cavallo nero’. Tecnica: mista in carboncino, acquarello e tempera. Recensione.
Il Disegno Artistico dell’Architetto Fabrizio Nicoletti intitolato Il cavallo nero, realizzato in stile surrealista con tecnica mista a carboncino, acquarello e tempera su cartoncino, evidenzia l’eccellente padronanza nelle due arti sia per la geometria dei tracciati, sia per la raffinata stesura delle sfumature cromatiche. L’opera si riferisce al celebre racconto di Franz Kafka Der plötzliche Spaziergang, La passeggiata improvvisa (1912) come omaggio dell’Artista a Kafka sulla base dell’esegesi innovativa del racconto da parte di Rita Mascialino (1996 e segg.) relativa all’identificazione della metamorfosi in cavallo nero implicita al testo kafkiano. La rappresentazione di tale metamorfosi nel passaggio dal testo di parole alla condensazione portata dall’immagine è interpretata con impatto artisticamente originale da Nicoletti: mentre in Kafka dominano le tenebre al punto che non si distinguono i contorni dell’animale che si sta ergendo nella sua vera forma dall’oscurità della notte attorno ad esso così che l’evento si verifica nel buio più totale – immagine kafkiana non riproducibile in un ambito visivo concreto e solo per così dire di casa nell’ambito delle immagini mentali dove tutto è possibile –, nell’opera di Fabrizio Nicoletti è presente uno sfondo bianco, riservando il nero alla imponente coda del morello e ai capelli di colui che si sta trasformando, quasi essi siano un gentile inizio di criniera. Di profonda risonanza semantico-emozionale risulta la scelta estetica di dare alla metamorfosi l’impronta della scomposizione angolata di eco cubista come essa avvenisse a pezzi da armonizzare in linee morbide successivamente, particolarmente adatta ad esprimere il divenire faticoso di una fusione stilizzata e simbolica tra umano e cavallino che allude con un tocco sinistro, seppure diversamente, all’atmosfera della metamorfosi che informa la tenebrosa ideazione dell’inconscio kafkiano che appare quasi come un buco nero dalla creatività che tutto ingoi per poi ricreare la vita nell’arte. Tale kafkiana creatività si ripropone elegantemente modificata in Nicoletti, ma non in modo da non poter essere riconosciuta nella sua matrice di riferimento, nella dinamica della metamorfosi nella parte centrale e posteriore del corpo tra l’umano e l’equino, nonché anche negli arti anteriori umani e già quasi cavallini, così che il simbolico animale pare essere in procinto di introiettare ormai quanto di umano resti. A dare respiro a tale inquietante quanto emozionalmente molto suggestivo effetto estetico insito nel disegno di Fabrizio Nicoletti stanno le cromie degli azzurri e dei rosa portate dagli acquarelli in alto nello sfondo che si riferiscono a un’oscurità non totale, segno di ancoraggio ancora presente ai colori della vita non assorbiti o non assorbibili totalmente per l’Artista Nicoletti dall’oscurità per quanto foriera di estrema potenza creativa come nel completo titanismo kafkiano della metamorfosi in cavallo nero, la quale appunto in Nicoletti non abbandona del tutto sentimenti più umani.
Così nel complesso Disegno Artistico, dalla profonda semantica espressa in un’estetica finissima, di Fabrizio Nicoletti Il cavallo nero, di cui si sono esplicitati i poli più significativi riferiti comparativamente alla medesima metamorfosi in Kafka.
Rita Mascialino
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Cenni biografici relativi a FABRIZIO NICOLETTI Artista Esclusivo del Premio, su gentile Autorizzazione dell’Artista stesso alla pubblicazione:
“Fabrizio Nicoletti (Tivoli RM-I), di grande creatività e sensibilità artistica, è Architetto su conseguimento di Laurea Triennale in ‘Tecnica di progettazione del Paesaggio e dei Giardini’ e Laurea Specialistica Magistrale in ‘Architettura del Paesaggio’ presso l’Università degli Studi ‘La Sapienza’ di Roma. Sulla base della conoscenza delle più varie tecniche come gli sono note dai suoi studi accademici specifici, è rinomato Illustratore artistico di diverse opere letterarie, nonché del Manuale ufficiale per la dispensa didattica del Corso di Formazione per ‘Soccorritore Aeroportuale Vigili del Fuoco’, ambito in seno al quale espleta anche la sua professione di Vigile del Fuoco prestando servizio in via operativa diretta presso numerosi Distaccamenti, già con intervento straordinario di supporto alle vittime del terremoto dell’Aquila nel 2009. Ha al suo attivo diverse Mostre d’Arte personali presso importanti Gallerie nazionali ed è risultato Finalista nel Concorso Mondiale della NASA per l’ideazione di un Logo. Partecipa annualmente alla ‘Mostra Integrazione’ con i ragazzi psichiatrici e diversamente abili di vari Istituti, tra cui l’Istituto Don Orione di Roma. Collabora con interventi grafici alla Rivista online remusic.it. Accanto all’impegno lavorativo e nelle arti visive, segue Corsi per l’ammissione al Biennio Superiore del Conservatorio in chitarra classica, che suona in vari Istituti e Teatri. Accompagna musicalmente le presentazioni di scrittori e poeti, con repertorio dai chitarristi classici a Fryderyk Chopin tra gli altri. Compone improvvisazioni musicali di ideazione personale. Dal curriculum di Fabrizio Nicoletti si evince come la sua esistenza si esplichi tra i due poli principali rappresentati dalla tensione al volontariato – come la sua stessa professione di Vigile del Fuoco lascia indirettamente intuire per l’immancabile sostegno dato dalla volontà di aiutare il prossimo quando in situazioni estreme di rischio della vita – e all’arte visiva e musicale, una vita dunque che Fabrizio Nicoletti spende precipuamente per il bene del prossimo e per il polo più fine della personalità umana: l’Arte.”
Rita Mascialino
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VINCITORI
XIX ED. 2025 online
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‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XIX Edizione 2025
alla CULTURA
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Comitato del ‘Secondo Umanesimo Italiano ®’ | Udine UD
PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla CULTURA
PIO BASILICO (Atri-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla CULTURA XIX Ed. 2025
Pio Basilico, (2022) La felicità nella saggezza. Atri: Hatria Edizioni: Saggio, 27-29.
“(…) Quando con il passare degli anni raggiunge l’età della maturità, la persona comincia a vedere le cose in un’altra ottica ed inizia a fare un bilancio delle cose fatte e delle esperienze vissute. Quando poi sente l’avvicinarsi del suo traguardo, si rende conto che è prossimo al momento di oltrepassare una porta che da sempre evoca il sommo mistero della vita. Questa porta rappresenta il varco verso l’ignoto, il passaggio della morte, della “nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare”, come ebbe a scrivere San Francesco nel celebre Cantico delle creature. La porta evoca metaforicamente anche la tenda che nascondeva il filosofo e maestro Pitagora mentre parlava ai suoi discepoli i quali, dopo aver frequentato per cinque anni la sua scuola e condotto una rigorosa vita comune, venivano ammessi a pieno titolo nella comunità. Il fine di tutto questo era la conoscenza dell’Essenza Divina come destinazione spirituale dell’anima umana. La porta richiama anche quella dell’ovile di cui parla Gesù, che poi è lui stesso, il Figlio di Dio incarnato, porta di accesso nella vera Vita (Gv 10,9). Nel momento della morte l’uomo esce dal labirinto e attraverso questa porta viene immesso nel mistero: Dio o il nulla. Nella morte egli accede nella dimensione senza tempo di cui l’esistenza è una preparazione. Questo momento segna il passaggio definitivo da questo mondo – fatto di ombre e di luci – nell’altro dove, per chi crede si viene avvolti dalla folgorante luce della beatitudine eterna e, per chi non crede, è un ritorno nel nulla dal quale si proviene. Con la maturità l’uomo – dopo aver superato il tempo dei sogni che accarezzano la fantasia giovanile ed aver esaurito la spinta irresistibile alla costruzione della propria fortuna – comincia a guardare la propria vita con occhi nuovi, senza illusioni, consapevole delle cose che veramente contano. In questa fase della vita egli viene a trovarsi in una dupli ce condizione, sia di maggiore libertà interiore rispetto agli eventi e alle cose, sia desideroso di impegnarsi nuovamente nella realizzazione di nuovi progetti. L’uomo maturo prosegue il proprio lavoro con lo spirito del cercatore d’oro che non si sente mai appagato per quello che ha trovato. Egli è cosciente di essersi dedicato alacremente alla ricerca del prezioso metallo che è stato la sua fortuna e lo ha ricompensato di tutte le fatiche. Ma è anche consapevole che c’è ancora tanto da scoprire. Il cercatore, infatti, sa di essere un pioniere che rischia tutto, perfino la sua vita, lavorando senza risparmiarsi, perché quello che troverà lo ricompenserà di tutto. Come il mercante di perle preziose che trova una perla di grande valore e pur di averla vende tutti i suoi averi. In lui agiscono armonicamente cuore, passione e ragione. È l’amore per ciò che profondamente desidera a spingere l’uomo ad andare oltre i confini del mero calcolo razionale ed utilitaristico. L’eros lo coinvolge profondamente, fin nelle midolla, e gli trasmette tanta di quell’energia a cui non riesce a resistere, una passione che lo divora come un fuoco. Sono riflessioni che fanno pensare a Socrate per il quale una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta (…)”
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla CULTURA
GIANFRANCO LONGO (Bari-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’alla CULTURA XIX Ed. 2025
Gianfranco Longo, (2025) Una volontà di missione, una scelta per vocazione. E l’Università… rinasce. LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO: 22 giugno 2025: dall’EDITORIALE:
“C’è una missione nella vita che trasforma l’età in gioia e consapevolezza, che trasmette agli anni una storia, di incontri e di testimonianze, perché senso di un inizio, di una riscoperta del mondo e di chi lo abita. Questa missione è il lavoro che diviene, giorno dopo giorno, vocazione a santificarsi scoprendo una completezza di sé nel servizio all’altro nel mondo, rendendo il lavoro una via cristianamente redentiva. Pertanto anche in un nuovo sessennio rettorale, missione e vocazione devono tornare a coincidere, a non divergere più, rivelandoci una testimonianza di vita che passa attraverso la propria opera: un raccolto abbondante di grano, una pesca scarsa che induce a verificare i dettagli per la notte successiva e migliorarne così l’esito, una diagnosi nuova che scongiura una prognosi precedente e salva una vita, un incontro con degli studenti i quali accolgono l’invito a un impegno più proficuo, perché la loro stessa vita assuma un significato di riscatto dal passato e di testimonianza nel presente…, tutto ciò e molto altro ancora si fa sprone per un nuovo presente alla guida di una Università. La formazione universitaria, infatti, permette che, fra crepe di supponenza ed ostici percorsi, si scoprano sempre rinnovate sia la missione che la vocazione, così da rivoluzionare in un senso di unità la propria vita, ritrovandovi un significato peculiare per un altro, o una tappa di aiuto a comprendere la vita come formazione, non filandosela davanti all’incontro didattico né dileguandosi a un ricevimento formativo. Negare l’incontro, omettere l’impegno ingarbugliandolo con illusioni per governare carriere, professionalizzando soprusi, sarebbe eludere la formazione, impregnandola d’un biascichio altero e sprezzante, peculiare di chi nell’Università, affascinato da incarichi mortificati ad acconti per munifiche prestazioni esterne, rende la missione un inganno penoso e la vocazione una sinistra menzogna. Un tale esito prefigura vie da intraprendere adeguandosi, piuttosto, alle pietrificazioni che usura del tempo ed epopea di prebende e regalie, di scommesse e di vincite truccate, poi recano con sé sulle età, sino a scomporre la vita, frammentandola in una “stucchevole estranea. La vita professionale universitaria, fatta di didattica e di ricerca, è una missione che si compie nell’essere vocazione a un incontro non giocato, non fatto girare come un nome da sfruttare per la gente che conta, sgomitando nella vita, truccandola di steroidi relazionali per gonfiare salti carrieristici, nella smania, di esangui damerini imbambolati e di fatali vamp coccolone, di farcela per schiacciare qualcun altro. Le giovani generazioni osservano e comprendono, e, svuotate di senso e di impegno, fuggono via; oppure sciupano la loro vita, modellate alla nevrosi del successo di pasciuti figuri (…) L’Università è consapevolezza di un cammino di testimonianza a una scelta professionale, unità vocazionale tra ricerca e didattica, perché ognuno riparta da un gradino più alto, sfuggendo a caparre esterne, o a mance nello smercio dei ruoli, gioco di dadi gettati al fine di aggiudicarsi uno spazio comodo all’obitorio dei posti. La riscoperta di una qualità vocazionale nella didattica e il ritorno missionario alla ricerca sono dinamiche che permetteranno nei prossimi anni di sottrarsi ai liberi professionisti della prevaricazione, procuratori legali di steroidi relazionali: solo ritrovandosi in comunitaria vocazione educativa, missione testimoniata, potrà l’Università riconciliarsi con il presente delle giovani generazioni, scampando alle lusinghe politiche esterne, il cui salario è la morte (Rm 6, 23).”
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla CULTURA
PIETRO MARCHIO (Lecco-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla CULTURA XIX Ed. 2025
Pietro Marchio, (2022) Il Risorgimento in Calabria. Dalla prima campagna francese al latitante Luigi Muraca. Cinisello B.: Santelli Editore: Prefazione di Domenico Sorrenti: Introduzione di Marica Barbaritano: Nota per il lettore di Pietro Marchio: Saggio, 21-22.
“(…) Dopo ben 160 anni dall’unità d’Italia, ancora oggi i mass media parlano di questione meridionale. Perché se ne continua a parlare? Nonostante i numerosi impegni, sia in ambito pubblico che privato, continuano a persistere, talvolta espandendosi anche, forti diseguaglianze rispetto al resto della penisola italiana. Diseguaglianze economiche, sociali, ma non culturali a mio modesto parere. È dunque sempre più evidente che il processo di unificazione non ha portato a molti dei risultati desiderati, specialmente in termini di uguaglianza sociale. La Calabria è una terra ricca di storia, tradizioni, arte, cultura e tante altre peculiarità, uniche nel loro genere. Rispetto ad altre regioni del meridione, infatti, la Calabria si è sempre contraddistinta per la sua posizione geografica e per i tanti fenomeni sociali ed economici che si sono susseguiti nel corso dei secoli, sin dal tempo dei Greci e dei Romani. Ed ecco che la domanda sorge spontanea: perché molti giovani decidono di abbandonare questa terra meravigliosa per andare alla ricerca di qualcosa di diverso, né migliore, né peggiore, semplicemente di diverso? È forse lecito pensare che i sentimenti degli animi delle persone che hanno fatto la storia dell’unità d’Italia siano simili a tutti quelli di coloro che oggi si sentono sfiduciati nei confronti di questa terra? È proprio da queste considerazioni che emerge, dunque, la necessità di fare chiarezza sulle principali vicende legate all’epoca risorgimentale. L’obiettivo dovrebbe, dunque, consistere nell’identificazione e nella comprensione di ciò che non ha funzionato bene durante quegli anni, al fine di poter fare luce sulle radici di molti fenomeni che caratterizzano la società odierna. Per cercare di dare una risposta a questo e a molti altri interrogativi, un primo e fondamentale punto di partenza risiede nell’analisi dei sentimenti degli animi delle persone che hanno fatto la storia calabrese e che, con grande orgoglio, ne hanno trasmesso i punti salienti ai loro posteri. Successivamente, auguro a voi lettori di essere divorati dalla curiosità nei confronti della storia di questa terra. Ed è in merito a quest’ultimo punto che sono sicura che questo testo, scritto da un giovane protagonista di questa misteriosa e affascinante realtà, inneschi molti spunti di riflessione per poter, da un lato comprendere cosa non ha funzionato, e dall’altro pensare a ciò che invece può essere fatto per cambiare il triste destino di una terra che ha dato il nome al nostro Paese e che tutti i giorni ci regala delle meraviglie. (Dall’Introduzione di M. Barbaritano)
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla CULTURA
MAURIZIO MAZZOTTA (Brindisi-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla CULTURA XIX Ed. 2025
Maurizio Mazzotta, (2022) La luce segreta del Salento. Lecce: Editrice Salentina. Romanzo, 9-11.
“(…) Il vento si alza all’improvviso nel Salento. Di questo il forestiero è avvisato. Lungo le strade alcuni cartelli annunciano: “Salento, due mari il sole ed il vento”. È una bella frase. Ma non dice tutto. Non dice della terra né della pietra. Il vento all’improvviso si alza. Come un lenzuolo trasparente sollevato da mani gigantesche che hanno deciso. Un’ora qualsiasi del giorno o della notte. Così pure all’improvviso cala. Il lenzuolo torna a distendersi sotto la vite l’olivo il fico il ficodindia. La Tramontana quando viene dura tre giorni, ma i venti padroni sono lo Scirocco che viene dal mare e ti bagna e ti asciuga continuamente, e il Libeccio che viene pure dal mare ma dalle parti della Calabria e della Sicilia e ha ceduto gran parte dell’umido che si portava. Ma questo lieve vibrare dei pampini, fruscii, rumori indistinti nel vigneto più folto ed antico non sono prodotti dal vento. Oggi il vento riposa. Sembrano piuttosto lamenti, un dolersi per qualcosa che è avvenuto o che sta per accadere. O l’uno e l’altro. Almeno questa è la sensazione (…) Salento, due mari, la pietra, il sole ed il vento. Non si tratta soltanto della pietra calda e tenera che si mette nelle mani di scultori e architetti; si tratta proprio del territorio e della sua storia, storia di invasioni marine, di acque meteoriche che sciolgono le rocce carbonatiche, di acque superficiali e profonde – dicono che lo Ionio e l’Adriatico si tocchino nelle profondità della terra -, storia di sedimenti, rocce e vuoti improvvisi! Grotte canaloni doline, vore in mezzo alla campagna. Vore celate dalle piante che vi sono cresciute dentro. Il lentisco oleoso, il fico e l’edera, e più in profondità il capelvenere, la felce delle zone ombrose umide e calcaree. Un albero di fico coi suoi frutti di zucchero attira in una insidia. Sono molte le vore e le grotte nella piana dei vigneti a dieci chilometri a nordovest di Lecce: vora di Campi, vora di Salice, vora di Veglie. La grotta di Monteroni. La vora di Nùvoli “nfoca monaci” perché affogò e ingoiò con tutto il carro alcuni monaci che si recavano al vicino convento. Vore abitate dal popolo della terra, esseri dalle lunghe dita sottili e sensibili, capaci di avvertire la dolcezza del grappolo d’uva che hanno cercato. In un territorio come questo esiste un popolo sotterraneo di esseri antichi, la cui origine è spontanea, come nell’acqua di uno stagno (…)”
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla CULTURA
SIMONA PAOLELLA (Ancona-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla CULTURA XIX Ed. 2025
Simona Paolella, (2025) Antartide Interiore. StreetLib: Prefazione di Lucilla Tonucci: Romanzo: 11-39.
“PROLOGO
Ormai non le contavo più le volte in cui mi ritrovavo in strada, a vagare per le vie di una coscienza
silenziosa, in una città a me estranea. I miei occhi strisciavano sul marciapiede, facendomi da apripista in una voragine di vuoto e solitudine. Non riuscivo a incrociare neanche gli sguardi dei passanti. Per quanto ne sapevo, potevano ignorarmi. Io mi ignoravo. Mi aggiravo furtivo, alieno a me stesso e senza una
reale via di fuga. Una vetrina di un negozio spento, chiuso per fallimento, mi irretì, restituendomi un’immagine riflessa che stentai a riconoscere. La vidi avvolta in un cappotto marrone, infreddolita e stanca, e misoffermai sulle punte ribelli dei capelli neri, che disegnavano un groviglio scuro e umido su un volto pallido e scavato. In quell’inconsistenza, intravidi la mia anima e tremai fino quasi a cedere. In un gesto incerto poggiai la mano sulla superficie fredda del lampione, vicino a me, per sorreggermi e mi rannicchiai di più nel mio cappotto di lana. Quell’immagine riflessa non la smetteva di fissarmi, di urlarmi contro tutto il suo rancore, di infliggermiuna condanna che non avrei mai finito di scontare.
E un po’ la odiai. Non avevo bisogno di due occhi cupi e spenti a ricordarmelo. Non avevo bisogno di una vacuità così evidente, ripiegata in quella postura vulnerabile e rassegnata, infilata nel cuore come una lama di ghiaccio. Ero solo. Spaventosamente solo. Il mio antartide interiore continuava a espandersi,
formando cristalli attorno alla mia animavitrea, in un crepitio ritmico e costante che mi ipnotizzava, scricchiolio dopo scricchiolio. Avreipotuto frantumarmi al minimo movimento. Non percepivo alcun segno di vita, alcun calore, alcun battito, fuori e dentro di me. I miei piedi si mossero e abbandonai lì quell’immagine molesta.In una parte sperduta di me, lungi dal ricordare quale, capivo che mi stavo solo illudendo. Quell’immagine mi violava dall’interno e sapevoche, per quanto provassi a seminarla, con la mia andatura spigolosa e sfuggente, refrattaria a qualsiasi coinvolgimento, le avrei permesso di raggiungermi di nuovo, di aggrovigliarsi al mio petto logoro, fino a serrarmi la gola. Ancora. E ancora. Erano quelli i momenti in cui, più di altri, cercavo una via di fuga in una città che si ostinava a voltarmi le spalle. Avvertivo solo sguardi evasivi, gesti indifferenti. E lo scricchiolio si faceva più rumoroso, a ogni passo, accelerando il suo ritmo, rendendo instabile ogni mio movimento, vanificando la
speranza che quella glaciazione intima esaurisse il suo ciclo, prima o poi. Povero illuso. Prima o poi sarebbe finita, con o senza di me (…) La questione era solo una: vivere o morire. Non sapevo più per cosa valesse la pena respirare, se per portarmi oltre quell’abisso o se per buttarmici dentro, definitivamente. In entrambi i casi, non avrei saputo decidere in quel momento. Non oggi. Non nel luogo in cui mi trovavo. Quella mattina avevo cambiato itinerario ed ero passato al cimitero prima di andare in stazione (…)”.
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‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XIX Edizione 2025
alla CARRIERA
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla CARRIERA
MICHELE LALLA (Liscia-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla CARRIERA XIX Ed. 2025
Michele Lalla, (2201), Declinazioni. Roma: Vertigo. Presentazione di Francesco Marchianò: Prefazione di Antonio Nesci: Raccolta di Poesia, 109.
Verità e menzogna
La verità cavalca la menzogna,
in alto a destra, sovrastando il leone,
ma si rivela soltanto illusione,
senza cavallo non c’è cavaliere,
scavalca la loro simbiosi il sogno
di verità assoluta nel pensiero
e la luce di marmo svela il segno.//
Il vero non sopprime il falso indegno,
ma ne è compagno con il suo mistero,
si risolve in Dio che è nella cacciata
dall’Eden, nel sudore del lavoro,
nel dono delle spighe e dell’agnello,
nella mazzata inferta al fratello,
nel diluvio e nella salvazione.//
Dio è tutto e in tutto: vive l’universo
si fa con l’uomo all’ombra del mistero
dell’esistenza intrisa di dolore
onnipotente solo nell’amore.
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‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ XIX Edizione 2025
alla IMMAGINAZIONE
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla IMMAGINAZIONE
DANIELA FAVA (Torino-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla IMMAGINAZIONE XIX Ed. 2025
Daniela Fava, (2013) Iris. Terme Vigliatore (ME): Giambra Editori. Romanzo, 29-30.
“(…) Quando si è a Venezia si prova la sensazione di vivere come in un sogno, dove la vista si riempie di immagini e colori e la percezione del tempo è come alterata, quasi rallentata, così da impedirne lo scorrere. Tutto ciò aveva sempre conferito alla giovane sposa la sensazione di trovarsi in un luogo misterioso, attraversato da una fitta rete di canali che dividono le isole principali, disegnando gli spazi urbani e costituendo sin dall’antichità la sua principale via di comunicazione. Bianca, sin da piccola, amava guardare i canali più stretti, i cosiddetti rii, dove passano solo le piccole imbarcazioni usate dagli abitanti o dove si possono vedere le gondole cari che di turisti. Anche i due sposi avevano deciso di girare per i canali in gondola, subito dopo aver riposto le valigie in hotel. Stretta in un romantico abbraccio al suo sposo e traspor tata dalle leggere onde della laguna su una gondola, Bianca avrebbe potuto osservare ancora meglio gli accessi principali dei palazzi antichi. Si era sempre meravigliata del fatto che stanno proprio affacciati sull’acqua. “Incredibili”, diceva sempre, sin da ragazzina, “proprio incredibili questi ingressi”, per non parlare dello stupore verso la terminologia stradale che è una vera e propria peculiarità di Venezia, in quanto ogni denominazione racconta un frammento di storia della città che, territorialmente, è divisa in sestieri, quello che nel le altre città è invece il quartiere. Aveva sempre trovato buffa la denominazione Calle per indicare la Via e Campi per designare le Piazze. Bianca e Antonio si addentrarono, valigie in mano, per le strade di Venezia che, alla sposa, sembrarono, anche in quella occasione, una labirintica successione di strette stradine, cu nicoli e ponti. Poi finalmente il soggiorno in hotel. Alla vista del grande edificio, Bianca ebbe un malessere. Era come se qualcosa le avesse contratto il petto. Sentì come un frastuono ai timpani, un suono simile a un lamento. Non si era mai sentita così male come in quel momento. Avvertì mancare anche il fiato, mentre la vista si faceva sempre più annebbiata. Vide qualcosa di profondamente sconvolgente: l’immagine come di una donna in semitrasparenza, dagli oc chi verdi; udì una voce flebile provenire da lontano, tanto da perdere i sensi. Al risveglio si ritrovò in una splendida stanza, come aveva sempre sognato ad occhi aperti nelle sue fantasie, sin da ragazzina: arredi antichi, pregiati tessuti e affreschi d’epoca fu ciò che vide appena riprese i sensi (…)”
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Comitato del ‘Secondo Umanesimo Italiano ®’ | Udine UD
PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla IMMAGINAZIONE
DANIELA MADDALENA (Messina-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla IMMAGINAZIONE XIX Ed. 2025
Daniela Maddalena, (2022) La Metamorfosi di Franz Kafka. Azioni musicali per tre voci. Circolo Culturale Angiola Bianchini – Fano. Pianista, ideazione e regia di Daniela Maddalena: Libretto di Angiola Bianchini. Sintesi La stanza e la musica di Daniela Maddalena
“(…) Il ritmo de La metamorfosi è avvincente. La tensione cresce progressivamente, come un moto perpetuo, senza mai risolversi. La ripetizione di temi, l’uso delle pause e la costruzione di frasi che si avviluppano su se stesse ricordano una frase musicale strutturata. È come se Kafka utilizzasse il ritmo per mantenere il controllo, per non cedere a un turbamento che potrebbe essere troppo intenso. Gregor Samsa esce dalla reclusione, apre la sua stanza psichica, ed è la musica a muoverlo. Si commuove, non è l’essere immondo che gli altri vedono. È un’indicazione netta. Kafka si è sottratto all’esperimento, ma al suo posto spinge Gregor Samsa, oltre la metamorfosi, in un luogo emotivo talmente potente che Gregor si dimentica di sé, si dimentica di vergognarsi. L’intoccabile Gregor Samsa viene toccato dalla musica. Lui si commuove, gli altri si annoiano. Kafka non si fida della musica, ma le affida la redenzione. Ho raccolto il suo gesto, e, drammatizzandolo, ho creato L’azione musicale per tre voci. Pochi cenni su come ho operato. Prima di tutto ho cercato le corrispondenze. Letterali o simboliche, tutte vanno nella direzione che Jodorowsky direbbe psicomagica: sprigionare l’emotività compressa e darle connotazione musicale. Per esempio all’inizio, con Martinu – corrispondente ceco – entriamo nell’identità animale di Gregor. È una musica dissonante, il suo ritmo ripetitivo è disturbante. Il prezzo verrà suonato più avanti in modo trasfigurato, come annuncio ella morte di Gregor. Quando il padre scoppiò in un pianto che gli squassava il petto, ascolterete Wiegala, una ninna nanna scritta da Ilse Weber, ceca, autrice di letteratura per bambini. Entrerà nella camera a gas ad Auschwitz con i bambini di cui si prendeva cura, compreso il suo, cantando Wiegala. Kaddish, per gli ebrei, è rituale di lutto. Suoneremo quello sublime di Ravel. Ma le assonanze tra musica e racconto entrano in una concertazione più globale. Lieder, rumori, cluster, declamazioni, pezzi ritmici, canti a cappella, si comportano come una partitura, orchestrando tutto il racconto, nel rispetto della sensibilità di Kafka: Tutto è musica […] tutto risuona. Infine mi serviva mettere in scena il processo evolutivo verso l’apertura, così ho costruito la stanza di Gregor. La preghiera finale , la sesta delle Biblical Songs di Dvořák, è una meravigliosa purificazione. Ascolta o Signore il mio pianto amaro, porgi il tuo orecchio alla mia preghiera. Celebra la metamorfosi finale, l’apertura della porta, l’uscita definitiva verso la libertà dell’arte.”
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla IMMAGINAZIONE
MARIO MANFIO (Trieste-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla IMMAGINAZIONE XIX Ed. 2025
Mario Manfio, Nudo inginocchiato (Scultura in bronzo), Dal molo audace(Dipinto a olio).
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla IMMAGINAZIONE
MATTEO ALBERTO SABATINO (Salerno-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla IMMAGINAZIONE XIX Ed. 2025
Matteo Alberto Sabatino, (2021) Il proiettore delle memorie. Fasano BR: Schena Editore. Romanzo, 32-36.
“(…) Sono venuto qui, a questa serata di giochi, perché mi vivificano gli entusiasmi facili e poco durevoli di Flavio. Flavio è biondo, come lo era la madre; e magro da far spavento, come Riccardo. Da me non ha preso nulla, ed è per questa ragione che penso sia un ragazzo fortunato. Ora che li guardo bene, inizio a credere che Ludovica sia innamorata di mio nipote. Lei è in terza media, Flavio in prima. A lui non interessa, è lampante, però non sa non cedere alle lusinghe di lei, ancora stupendamente ingenue nella forma. Elisabetta è di una bellezza traumatizzante, questa sera. Ma pure le altre. Mi inquietano il suo agio, le sue maniere oggettivamente degne di ammirazione. Davvero non sai, Elisabetta, che io sono il nulla in confronto? Che quello che posso darti è solo odio silente su un divano Ikea in una mansarda gelida d’inverno, soffocante d’estate? Davvero? Davvero vuoi me? Perché bisogna che tu sappia che imputridirai presto per colpa mia, che smetterai di fiorire a causa del le mancanze che nolente ti consegnerò in mezzo alle mani; ogni giorno, le mani che ora intravedo mescola re delle carte piacentine, quelle mani, Elisabetta, sanguineranno; pensaci, Elisabetta, perché le tue mani si bucheranno di dolore, e io non potrò neppure dire che ti avevo avvertita, Elisabetta, che tu hai voluto quest’a more esaurito; e le mie ansie stanno fermentando e montando e lievitando nella mia bocca; non riesco più a parlare, mentre penso che tu – adesso in pace dentro l’atto di distribuire le carte – sia ignara di tutto questo mio faticoso penare perché mai m’hai guardato. In questo sabato sera di gennaio, Elisabetta sta cucinando del pollo in fricassea, mentre io provo a completare questa opera pittorica dall’alto valore stilistico. Si respira poco, e male. Le finestre della mansarda sono aperte ma non spalancate. Lei indossa una coperta sulle spalle mentre cucina, io un vecchio cappotto. Con il pennello disegno degli archi nell’aria, mentre ripeto il discorso fra le labbra. Lei mi parla, e intanto io penso che questa del congedarsi a storia evidentemente finita non sia una cosa facile per l’increscioso ma semplice fatto che mancano parole vergini per spiegarla a dovere, perché sono sta te usurate fino allo sfilacciamento quelle poche parole valide e funzionanti – tutte quelle poche parole vere, non doppie, non melense e insieme non svenevoli – per un commiato dignitoso. Dopo la cena, ci sediamo sul piccolo divano scomodo con la fodera a pois che sta al centro della mansarda, e lei accende il televisore. Cosa vuoi vedere? Mi fa; un film, dico io; lei fa zapping; vediamo su Netflix, intervengo io; e la serata termina come l’epilogo dell’ennesimo sequel di una interminabile saga in cui il protagonista fa del silenzio, della fissità e della vergogna i propri vessilli, dentro cui resta avvolto, incapace di liberarsi (…)”
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PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ® alla IMMAGINAZIONE
AGNESE TORRE (Roma-I): ‘PREMIO FRANZ KAFKA ITALIA ®’ alla IMMAGINAZIONE XIX Ed. 2025
Agnese Torre, (2023) Fili di miele. Roma: Armando Editore. Raccolta di Poesia, 115.
“Amati e vattene,
da chi ti vuole diversa da come sei.
Amati e vattene,
da chi pensa di sapere cosa sia meglio per te,
e poi fa una vita mediocre.
Amati e vattene,
che tutto è ancora da scoprire,
da amare e da ritrovare.
Amati e vattene,
perché va bene tutto e comunque non va bene niente.
Amati e vattene,
quando tutto è il contrario di tutto. Amati e vattene,
quando la vita ti porta altrove
e tu devi ricominciare da te.
Amati e vattene,
quando senti il bisogno di respirare.
Amati e vattene,
e poi se ti va ritorna, ma solo se questo ti porta ad amarti di più.”
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Al termine di questa Rassegna, il mio riconoscente saluto va a tutti i Partecipanti, Vincitori e non, che hanno onorato il ‘Premio Franz Kafka Italia ®’ offrendo la loro pregiata attività culturale e le loro opere al festeggiamento di FRANZ KAFKA come scrittore e come uomo, come persona, ed esprimo loro il mio più sentito ringraziamento!
Rita Mascialino
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Rita Mascialino 2024
Studio Fotografico VALENTINA VENIER Udine
Franz Kafka (1906), Alamy Photo Stock , Particolare
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